Alcuni giorni fa ho ricevuto una mail che ha accesso immediatamente la mia curiosità. Al suo interno veniva annunciato un docufilm realizzato per Rai 3. Nulla di nuovo, dunque, per chi si occupa di cinema. Particolare, invece, era la tematica o, meglio la protagonista al centro di questo racconto: Anita Garibaldi. La storia dedica a questa donna, scomparsa in giovanissima età, poche righe che, nella versione più classica, la ricorda come la compagna avventurosa del più noto Giuseppe. Ma chi era in realtà Anita? A questa domanda non sono riuscita a rispondere, nonostante i miei studi storici. E scommetto che in molti si trovano nella stessa zona d’ombra riguardo a questo personaggio.
Ecco perché ho pensato che fosse il caso di approfondire, iniziando proprio dal docufilm La versione di Anita ora disponibile su Raiplay, per andare a comporre un ritratto, anche se breve di questa donna insolita. Almeno per la sua epoca ma, oserei dire, anche per molte altre. Una figura femminile che ancora oggi potrebbe rappresentare un esempio importante, entrando di diritto tra le “bambine ribelli” che hanno deciso di scrivere autonomamente la propria storia oltre le convenzioni sociali e le aspettative colturali. Andiamo, dunque, a conoscere Anita Garibaldi e il ruolo che ha avuto nella storia. Ma non in quella globale ed universale riportata sui manuali. Bensì in quella troppo taciuta e poco documentata delle donne.
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Anita Garibaldi, una, cento, mille donne
Si dice spesso che una donna sia capace di svolgere più attività contemporaneamente. Allo stesso modo riesce a vestire diversi ruoli all’interno di un’unica vita. Attualmente, infatti, gli stimoli culturali, la giusta propensione per la realizzazione lavorativa e, in alcuni casi, anche famigliare, ci vedono diventare professioniste attente, madri efficienti, amiche sincere e, molto spesso, donne autonome fin troppo consapevoli di dover bastare unicamente a sé stesse. In tutto questo, poi, si aggiunge anche una dose d’interessi personali che, dalla lettura, all’arte o ai viaggi, compone l’identikit di una femminilità sempre più sfaccettata e composita. Bene, sappiate che, nessuna di noi sta facendo nulla di eccezionale. Almeno se lo riportiamo ai tempi che stiamo vivendo.
Anita, infatti, è riuscita, in soli 28 anni, ad essere popolana analfabeta, eroina impavida, madre e moglie offuscata dall’ombra fin troppo ingombrante del marito. In breve, dunque, nonostante ci si trovi di fronte ad una donna nata nell’ormai lontano 1821 in Brasile, in realtà stiamo osservando una personalità fortemente moderna e contemporanea. Un esempio di femminilità che, rispondendo ad una forte esigenza personale, ha cercato di far sentire la propria voce, di realizzare le cause politiche ed idealiste in cui credeva. Nonostante tutto questo, però, la Storia tende a ricordarla esclusivamente nel suo ruolo di compagnia dell’eroe dei due mondi.
Chi è Anita Garibaldi?
Per permetterle di riconquistare la giusta posizione che gli spetta in un racconto risorgimentale più ampio di quanto non si creda, è opportuno rispondere ad una domanda: chi era Anita prima di conoscere Garibaldi? Iniziamo con il dire che la sua storia inizia il 30 agosto 1821. In quel giorno, infatti, nasce Ana Maria de Jesus Ribeiro, meglio conosciuta come Anita. Dall’assonanza del suo nome si capisce che proviene da una famiglia di origine portoghese. Il che vuol dire che, nonostante alcuni luoghi comuni l’abbiano sempre identificata come italiana, in realtà si tratta di una creola brasiliana.
Laguna, il luogo che la vede venire al mondo, è poco più di un villaggio e non la cittadina più grande che è diventata oggi. Nonostante questo, però già nel 1800 viveva di una vita commerciale piuttosto interessante grazie al via vai delle navi. Un particolare è interessante. Come molte persone dell’epoca, anche Anita non ha all’attivo un certificato di nascita o di battesimo. Il che vuol dire che sarà proprio Laguna a darle una data di nascita plausibile.
Terza di undici figli, impara presto cosa vuol dire impegnarsi per la sopravvivenza. Allo stesso tempo, però, grazie ai viaggi fatti accanto al padre sugli altopiani per vendere le mandrie, inizia a nutrire un naturale desiderio di avventura completamente insolito in una donna del tempo. Ma non è questa l’unica caratteristica che la definisce negli anni giovanili. In paese, infatti, veniva guardata con curiosità e sospetto per la sua libertà e noncuranza per le regole sociali. Una di queste, ad esempio, sconsigliava di fare il bagno in mare perché considerato insalubre.
Cosa che regolarmente Anita faceva spogliandosi completamente. Ovviamente lo scandalo era assicurato. Lo scrittore Maurizio Maggiani nel docufilm La versione di Anita la definisce “naturalmente libera”. E non poteva essere altrimenti, visto che nasce e cresce immersa nella vastità della pampa dove impara ad affrontare le minacce della natura e a lasciarsi sopraffare dalla sua ampiezza senza limiti, che promette sempre luoghi nuovi da scoprire. Tutto questo, dunque, porta alla formazione di una personalità irrefrenabile spinta dalla convinzione “di poter guardare sempre oltre l’ultimo orizzonte”. Un luogo che per Anita è fisico ma anche ideologico.
La ragazza libera e il corsaro dei popoli
Quello che molti ignorano è che, per cercare di domare la sua natura ribelle, la madre decide di darla in sposa ad un uomo molto più anziano di lei a soli 14 anni. Ovviamente si tratta di un’unione infelice dalla quale Anita si libera grazie alla rivoluzione e ad uno zio che, in barba ai dettami dell’epoca, considera la mente di una donna adatta a discorsi politici. Siamo nel 1835. In Brasile scoppia quella che viene ricordata come la rivolta farroupilha, ossia degli straccioni. In realtà si tratta dell’eterna contrapposizione tra imperialisti e repubblicani. Ovviamente la giovane Anita si schiera con i secondi.
Devono passare quattro anni, però, prima di vederla entrare in azione. Nel 1839, infatti, i rivoluzionari conquistano Laguna e la strada di Anita s’incrocia con quella di Garibaldi. Le cronache, ricordano il loro come un amore, una passione a prima vista. A dare conferma di questo sono le Memorie di Giuseppe Garibaldi in cui lui stesso ricorda di averla voluta accanto a se dopo solo un giorno dal loro primo incontro.
Sicuramente si è trattato di due personalità che si sono riconosciute. Lei ha trovato in quest’uomo avventuroso il profondo senso di libertà vissuto accanto al padre durante gli anni dell’infanzia. Lui ha riconosciuto in lei il carattere indomito dell’unica donna in grado di tenergli testa. Ed Anita non ha certo deluso le aspettative, perché ha vissuto la sua breve vita senza ripensamenti ma cavalcando la selvaggia esigenza di autonomia e battaglia.
Anita Garibaldi: guerriera
Ciò che le cronache storiche ignorano è proprio questa stimolante, incredibile fase nella vita di una donna così moderna. Solitamente, infatti, viene riportato il luogo e la data della sua morte. Eppure non è questo l’essenziale ma tutto ciò che è accaduto prima.
Non tutti, infatti, sanno che Anita è stata ben lontano dal rappresentare un peso o una preoccupazione per Garibaldi. Anzi, all’interno della lotta ha avuto sempre ruoli essenziali di difesa delle munizioni sia durante gli attacchi navali che quelli terrestri. Come se non bastasse, poi, in questa condizione di guerriglia si è presa il disturbo di partorire quattro figli e di fuggire con il primogenito, nato da appena 12 giorni, nella selva per evitare ad un tentativo di rapimento da parte delle truppe imperiali. Il tutto scappando a cavallo e resistendo senza cibo per quattro giorni. Per non parlare della ritirata nella Sierra, portata a termine con un bambino di tre mesi stretto al suo petto da un grande fazzoletto.
Alla luce di questo siamo proprio sicure che le nostre vite siano così faticose ed “eroiche”? Ovviamente i tempi sono molto diversi e le battaglia che affrontiamo hanno una natura ed una composizione strettamente legate alla realtà che viviamo. Senza falsi o facili moralismi, però, la figura di Anita, sepolta dal 1931 nel basamento sotto il monumento equestre eretto a sua memoria sul Gianicolo, ci dovrebbe ricordare che in diverse parti del mondo ci sono donne costrette ad affrontare difficoltà ben più pressanti del coniugare vita professionale e privata. Per molte di loro, infatti, il concetto di femminismo e libertà è legato ancora alla necessità di una lotta attiva per garantire la loro sopravvivenza e, soprattutto, quella delle generazioni future.
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