La vita spesso e volentieri ci riserva sorprese bellissime (e anche qualche botola improvvisa, ma andiamo oltre). Di sicuro, conoscere Elisa Gattamorta è stato uno dei privilegi che mi è stato concesso dall’universo. E siccome da qualche tempo a questa parte sto esplorando i lavori più interessanti e meno conosciuti, ho deciso di disturbarla per farmi parlare della sua professione: il copywriting.
Tu sai cosa vuol dire scrivere per la pubblicità? Non si tratta solo di trovare lo slogan giusto per vendere un prodotto. Ma di portare a compimento un lungo processo creativo per ottenere successo commerciare (ovvio), ma anche per rendere memorabile la storia di quel prodotto, servizio, azienda e via di seguito. Se ti sembra complicato, be’ lo è. Eppure, è quanto di più affascinante oggi si possa fare.
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Elisa Gattamorta, Foto Elisa Paolucci Giannettoni
Elisa Gattamorta, alla fine contano i valori
Con Elisa Gattamorta è facile parlare. Soprattutto, mi viene voglia di chiederle tante cose, perché i temi che si possono affrontare sono tantissimi. Uno di questi è: com’è cambiato il modo di raccontare il femminile in questi anni?
«Non siamo più ai livelli degli anni ’80-’90, questo no. Eppure, c’è ancora molto lavoro da fare. A mio parere oggi si sta più attenti al vendere che non a raccontare la donna in maniera corretta e multisfaccettata. C’è ancora qualche stereotipo che regge, tipo che la donna parla di trucco e l’uomo di calcio, ma ci sono anche campagne belle. Ma sono campagne specifiche, di aziende con valori e che danno attenzione alla persona. Ecco, quando si fa attenzione alle persona la donna si riesce a raccontare in maniera più reale».
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Dueminutiescendo
Hai presente quando ti citofona qualcuno, dici “Due minuti e scendo!” e poi i minuti diventano sempre 485?
Mi sono chiesta cosa succeda in questa specie di comfort zone continuamente disattesa.
Io non sono una ritardataria, anzi, ma sono una pensatrice e credimi, ci sono delle volte in cui comincio a perdermi nelle mie riflessioni. Quindi a volte è capitato di dover andare ad un appuntamento e di fare tremila cose prima di uscire dalla porta.
Questi due minuti, che poi due minuti non sono, diventano il tempo di un racconto o di un’intervista sul mondo femminile (e non solo).
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