Quando sei bambina e ti chiedono che lavoro vuoi fare da grande le risposte sono molteplici. Tutte sogniamo un futuro brillante, ma a volte il lavoro più amato è quello che sta lontano dai riflettori. Che, anzi, rende possibile lo scintillio degli eventi, perché è fatto con pazienza dietro le quinte. Angela D’Arrigo è una delle più brave curatrici di progetti culturali che abbiamo in Italia. Cosa vuol dire in sostanza? Vuol dire che lavora ogni giorno per trasformare un’idea in un evento culturale che possa mettere in luce un territorio o promuovere un’istituzione o un ente privato.
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Foto Karen Di Paola
Angela D’Arrigo, progettare cultura
Quanto ci mette in genere per spiegare il suo lavoro? «Tra le due e le tre ore (sorride). Mi capita spessissimo perché la parola progettista di per sé non identifica un lavoro. La associ generalmente all’architettura o ai sistemi informatici. Ecco perché ho pensato di definirmi curatrice di progetti culturali, non progettista. A cambiare non è tanto la mansione, quanto l’approccio, il metodo» mi ha raccontato.
Aggiungendo: «In generale le professioni culturali in Italia sono snobbate. Chi lavora nella cultura viene considerato un privilegiato, uno che si occupa di cose poco utili. Purtroppo c’è un abbassamento del livello culturale. Ma il mio è un lavoro che non è mai lo stesso. E che darebbe a tanti giovani la possibilità di lavorare, perché la richiesta è altissima» ha poi concluso.
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Dueminutiescendo
Hai presente quando ti citofona qualcuno, dici “Due minuti e scendo!” e poi i minuti diventano sempre 485?
Mi sono chiesta cosa succeda in questa specie di comfort zone continuamente disattesa.
Io non sono una ritardataria, anzi, ma sono una pensatrice e credimi, ci sono delle volte in cui comincio a perdermi nelle mie riflessioni. Quindi a volte è capitato di dover andare ad un appuntamento e di fare tremila cose prima di uscire dalla porta.
Questi due minuti, che poi due minuti non sono, diventano il tempo di un racconto o di un’intervista sul mondo femminile (e non solo).
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