Quando ho visto la durata di Do Revenge mi sono chiesta: perché un film del genere dovrebbe durare 2 ore? Naturalmente l’ho capito addentrandomi nella torbida vicenda raccontata da questa intelligente commedia dark che sovverte senza farsi troppi problemi il classico schema della storia della vendicatrice folle. A metà tra Il conte di Montecristo e Mean Girls, Do Revenge di Jennifer Kaytin Robinson procede per un’ora buona a mostrarci personaggi odiosi (figlie e figli di papà, drogati di social, affamati di successo) nel loro habitat preferito: un ricco liceo di Miami.
C’è la stella decaduta Drea (Camila Mendes), ex reginetta della scuola, che dopo uno scandalo sessuale decide di vendicarsi di chi le ha fatto male. Alleandosi con la sfigata Eleanor (Maya Hawke), a sua volta desiderosa di riscatto agli occhi della ragazza che le ha spezzato il cuore. Attenzione: nulla è come sembra. Ed è qui il bello.
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Maya Hawke e Camila Mendes in una scena di Do Revenge
Do Revenge, la vendetta è un piatto che va servito
Io non voglio fargliela pagare, io voglio bruciarla, disintegrarla.
Sì, ma a che scopo e a quale prezzo? Quando ci si lancia in cervellotici piani di vendetta si perde di vista l’obiettivo principale. Così, se da un lato ci sentiamo meglio, dall’altro scopriamo cose di noi che non vorremmo aver saputo. Perché sapere di poterci spingere oltre non è mai consolazione. Anzi.
Questo meccanismo è reso molto bene nella prima parte del film, quando ogni singolo personaggio (anche il più odioso) mostra quelle sfumature che lo rendono credibile, autentico. C’è una motivazione profonda che spinge ognuno dei protagonisti a essere quello che sono e a fare quello che fanno. E noi spettatori la vediamo in tutto il suo splendore.
Quando arriva il colpo di scena spiazzante, che ovviamente non ti rivelerò, la sensazione che abbiamo non è solo quella di assistere a un’opera originale, ma anche moderna (nella sua capacità di raccontare l’oggi). Poi, qualcosa si guasta. E Do Revenge, inspiegabilmente, ritorna sui binari di una narrazione da canonico teen-movie. Con tanto di ballo finale e redenzione dei cattivi e delle cattive. Forse la Robinson è vittima della sua stessa storia e non riesce a portare alle estreme conseguenze una trama che si affloscia sul più bello. E non basta inzepparla di riferimenti ai favolosi anni ’90, dalla colonna sonora con Cranberries e Meredith Brooks, alla citazione di Thelma e Louise, per ridarle corpo.
Cosa mi è piaciuto
- La capacità della regista di raccontare con tanta ironia drammi e dilemmi della generazione Z, fatta da ragazze e ragazzi che non si riconoscono in una società eteronormativa, pieni di cose da dire, schiavi della visibilità su Instagram, ma genuini nella loro paura del futuro. Desiderosi di trovare il proprio posto nel mondo senza perdere l’innocenza.
- Le prove delle interpreti Camila Mendes e Maya Hawke, davvero molto buone.
- Il personaggio della preside interpretata da Sarah Michelle Gellar, la leggendaria Buffy l’ammazzavampiri. Affilata e mai banale.
Cosa non mi è piaciuto
Il finale. Una storia così intelligente e sopra le righe meritava un epilogo più acuto, anche un filo più cattivo. Invece, abbiamo un solo colpevole (che nemmeno è tutto questo granché).
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