Dal 17 aprile The First Lady della Showtime ha conquistato l’attenzione di molti spettatori, soprattutto sulle piattaforme streaming Sky e Now. Ma di cosa si tratta esattamente? A dire il vero, il progetto, creato da Aaron Cooley e diretto da Susanne Bier, ha fatto parlare molto di sé, non foss’altro per le protagoniste al centro della sua narrazione. I loro nomi, infatti, non solo sono piuttosto noti ma hanno anche rappresentato molto per la storia americana.
Com’è facile dedurre dal titolo, infatti, le luci di questa particolare ribalta sono tutte puntate sulle First Lady che, più di altre, sono state in grado di definire in modo nuovo il concetto di potere, ritagliandosi un personale campo d’azione. Un tema, dunque, che, per chi conosce il mio personale interesse nei confronti della storia a stelle e strisce, ha un forte potenziale soprattutto per rimandare un nuovo punto di vista delle stanze del potere.
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Le protagoniste di The First Lady
The First Lady, le donne della Casa Bianca
Ma quali, tra le diverse signore passate attraverso i luoghi della Casa Bianca, hanno meritato i favori di un’interpretazione televisiva? Sicuramente le donne che, grazie ad una personalità evidente e ad una preparazione all’altezza di qualsiasi situazione, sono state in grado di lasciare un impronta personale ben precisa. Spesso, infatti, si è portati a pensare ad una First Lady come ad una presenza lieve, quasi accessoria da mostrare essenzialmente durante le occasioni ufficiali.
Ma non è sempre stato così. Certo, alcune sono state ben liete di rientrare nei rassicuranti canoni di questo ruolo. Altre, invece, non hanno potuto far a meno di far sentire la propria voce in modo potente, rifiutandosi di sorride stoltamente e vuotamente come Eleanor Roosevelt, Betty Ford e Michelle Obama. Loro, infatti, sono le tre protagoniste di questa prima stagione di The First Lady.
Eleanor Roosevelt, la First Lady del mondo
In pochi sono a conoscenza del temperamento autonomo, fortemente coriaceo e moderno di Eleanor Roosevelt. Per ben tre volte First Lady, ha rappresentato un faro negli anni della Seconda Guerra Mondiale con i suoi articoli realizzati sempre con grande arguzia e conoscenza dei fatti. Oltre a questo, nel corso della sua vita, è stata un’attivista per il rispetto e il riconoscimento dei diritti umani. Ha lottato per l’indipendenza del mondo femminile ed ha vestito il ruolo ufficiale di delegato alle Nazioni Unite dal 1945 al 1952. E, come se non bastasse, dal Presidente Truman le è stato conferito l’attributo di First Lady del mondo, proprio per il suo interesse sempre accesso sui fatti che coinvolgevano l’umanità intera.
Non a caso, dunque, questo personaggio così particolare e innovativo, considerando soprattutto gli anni in cui è vissuto, ha rappresentato sempre un esempio di autonomia del pensiero a cui molte donne hanno iniziato ad ispirarsi una volta arrivate nella casa più importante d’America. A lei, dunque, è dedicata proprio una puntata di First lady della prima stagione. Ad interpretarla è Gillian Anderson, nota soprattutto per il suo ruolo dell’agente Scully nella serie X-Filies.
Betty Ford, la First Lady delle donne
Per chi ha una conoscenza relativa della Storia Americana il nome di Betty Ford potrebbe non dire molto. In realtà si tratta della prima First Lady che ha mostrato un chiaro attivismo politico. Arrivata alla Casa Bianca nel 1974, è rimasta per un solo mandato ma ha sfruttato questo tempo per chiarire immediatamente che tipo di donna fosse. Ben cosciente dei tempi che stava vivendo e dei profondi cambiamenti sociali richiesti dalle generazioni più giovani, è diventata portavoce di un modello femminile finalmente lontano dalla visione dell’angelo del focolare.
Ma come ha mostrato, nei fatti, la sua modernità? Innanzitutto sostenendo senza alcun dubbio il diritto all’aborto e il movimento femminista. A questo impegno non da poco si affianca anche quello per il controllo della vendita delle armi e per l’equità delle paghe tra uomini e donne. Come se non bastasse, poi, ammise chiaramente di aver avuto un passato da alcolista e di aver assunto delle sostanze stupefacenti. E fu la prima a fare una confessione del genere. Un gesto che, considerando il bigottismo che ancora caratterizza gran parte della società americana, non deve essere considerato scontato o facile da sostenere.
Una volta abbandonata la Casa Bianca nel 1977, poi, il suo impegno non ha perso d’intensità ma è stato fortificato attraverso la fondazione del Betty Ford Center, nata per aiutare e sostenere contro l’uso di alcol e sostanze. A questo punto chi poteva interpretare sul grande schermo una donna così legata al suo tempo e in connessione con le proprie debolezze? Il ruolo è stato affidato a Michelle Pfeiffer, il cui compito è di mettere in relazione un indole così moderna e forte con un aspetto femminile e falsamente rassicurante.
Michelle Obama: la First Lady delle minoranze
Parliamoci chiaro, Michelle Obama non aveva proprio nessuna intenzione di diventare First Lady. Un concetto, questo, che ha ribadito chiaramente più volte, non ultimo nel suo libro Becoming e nel successivo documentario. Accettò la candidatura del marito solamente perché era sicura che non ce l’avrebbe mai fatta. Viste le sue esperienze personali, infatti, era convinta che il paese non fosse assolutamente pronto per una famiglia presidenziale di colore.
Incredibilmente si sbagliava e, con sua grande sorpresa, si è trovata a vestire un ruolo che non aveva anelato in nessun modo. E, forse, proprio per questo motivo ha faticato un po’ per trovare uno stile personale per far ascoltare la propria voce. Dopo un primo tentennamento, però, possiamo dire con assoluta certezza che Michelle è diventata una delle Fist Lady più iconiche e simboliche, lasciando un segno indelebile soprattutto per l’esempio offerto a tutte quelle nuove generazioni di donne socialmente poco agevolate.
Dalla Working class alla Casa Bianca
Di difficoltà per affermare se stessa la giovane Michelle Robinson ne ha affrontate molte, eppure non sembra quasi essersene resa conto. Figlia di una famiglia di colore della working class di Chicago, ha fatto dell’istruzione la sua arma migliore per ritagliarsi un posto nel mondo. Intelligenza ed impegno, infatti, le sono valsi l’entrata a Princeton e la successiva laurea in legge. L’istruzione, però, le ha fatto anche sperimentare una sorta di estraneità, una non appartenenza a nessuna famiglia sociale. Il linguaggio e le conoscenze acquisite, infatti, l’hanno resa diversa degli altri ragazzi della comunità nera ma, allo stesso tempo, non considerata uguale da quella bianca.
Viola Davis e Michelle Obama
Come sopravvivere, dunque, in una condizione del genere? Contando esclusivamente su se stessa e su di una libertà acquisita a colpi di conoscenza. Per questo motivo, dunque, durante i due mandati alla Casa Bianca, il suo impegno è stato costantemente rivolto a promuovere e favorire l’istruzione nelle classi socialmente in difficoltà, puntando l’attenzione anche sulla salute fisica e sull’educazione alimentare, altro grande tallone d’Achille di una società poco attenta al futuro delle nuove generazioni.
Chi poteva interpretare questa donna così volitiva, accusata addirittura di essere troppo dura ed arrabbiata? Al volto ben noto di Michelle, diventata anche un’icona di stile, si affianca quello di Viola Davis, una delle prime attrici di colore ad essere inserita da Time tra le cento personalità più influenti d’America. A questo punto non rimane che mettersi comodi e guardare, finalmente, un prodotto dedicato a delle donne che hanno esercitato ed interpretato il potere a dispetto di un mondo che le voleva silenti.
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