Nonostante abbia raggiunto fama e notorietà come saggista e critica d’avanguardia, Susan Sontag, verso la fine dei suoi 40 anni di carriera di scrittrice, ha ottenuto il successo popolare con questo romanzo del 1992. The Volcano Lover, L’Amante del Vulcano, è un romanzo storico grande, ricco e complesso, che utilizza la storia della relazione tra Nelson ed Emma Hamilton come un prisma attraverso il quale osservare un dramma barocco durante l’Illuminismo.
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L’amante del Vulcano, un classico
In mezzo alla frenesia orgiastica della corte napoletana, ambientazione che ho subito adorato date le mie origini partenopee, il reticente ed enigmatico console inglese noto come “il Cavaliere”, si occupa della creazione di una perfetta collezione d’arte e studia ossessivamente il vulcano che incombe sulla città, la cui presenza minacciosa ne prefigura cupamente le violente eruzioni a venire.
Alla bocca di un vulcano. Sì, bocca; e lingua di lava. Un corpo, un mostruoso corpo vivente, maschio e femmina insieme. Emette, erutta. È un interno anche, un abisso. Qualcosa di vivo, che può morire. Qualcosa d’inerte che entra in agitazione, di tanto in tanto. Che esiste solo a intermittenza. Una minaccia costante. Se prevedibile, di solito non prevista. Capriccioso, indomabile, maleodorante.
Questo elemento mi aveva affascinato tantissimo in quanto la scrittrice riusciva a rendere con dovizia di particolari visivi ma anche dettagli psicologici la condizione, da me ampiamente sperimentata, di chi vive con l’incombenza costante di una catastrofe naturale che però proviene da un elemento, il Vesuvio, di straordinaria bellezza ed imponenza.
Il cavaliere, dopo la morte della moglie, accoglie l’amante scartata di suo nipote, Emma, una creatura calda, volgare e inebriante che premia la sua devozione diventando prima protetta, poi amante e quindi anche lei moglie. Tuttavia, la rivoluzione a Parigi e l’arrivo di Nelson, focoso eroe del Nilo, mandano in frantumi la tranquillità domestica e sentimentale dei neo-coniugi, costringendoli all’esilio mentre sanguinose rappresaglie e controrivoluzioni sconvolgono il paese.
L’amante del Vulcano, la potenza delle parole
L’amante del Vulcano è un romanzo fervido di idee, potente e intricato. Spesso influenzato dal femminismo della Sontag, applica una lente moderna alle preoccupazioni morali, sociali ed estetiche dell’Illuminismo. Ma è anche un tenero inventario del desiderio: mappare e classificare in modo intricato la modulazione dei sentimenti, partendo dalla fredda mania del collezionista per arrivare alla passione dell’amante, è un concetto che forse per la prima volta viene espresso in maniera così lucida.
Inserito nel racconto attraverso l’artificio di un cameo, il poeta Goethe esclama:
Il momento significativo! Questo è ciò che deve rendere la grande arte. Il momento che è più umano, più tipico, più commovente.
Il romanzo della Sontag resiste a tale apoteosi, attirando nel suo vorace abbraccio un vasto panorama di storia e di pensiero. In questo imita l’ atteggiamento dell’amante piuttosto che quello del collezionista, per rifarsi alla teoria di Hamilton, sebbene forse la esprima in maniera meno perfetta ma con un risultato straordinariamente veritiero e umano.
L’amante del Vulcano è da leggere perché…
Nel mese di marzo in cui si è celebrata la Giornata della Donna, voglio consigliare questo libro scritto da una intellettuale a tutto campo che ha impegnato la sua personalità in battaglie sociali, politiche, umane scrivendo saggi su temi non comuni negli anni in cui ne scriveva, spaziando con grande curiosità e intelligenza in diversi campi: dalla letteratura pornografica alle droghe, al cinema, alla fotografia, all’arte moderna, all’estetica omosessuale, al significato delle malattie vissute e interpretate nelle società di tutti i tempi.
E nel romanzo storico più singolare che si potesse immaginare, spicca la figura dell’ immensa protagonista Emily Lyon, meglio nota come Emma, Lady Hamilton, avventuriera bellissima e spregiudicata, nata poverissima e per questo intenzionata a riscattare le sue umilissime origini sfruttando la sua avvenenza.
E la simbologia del Vesuvio, costante minaccia di catastrofe che incombe sugli abitanti del posto, non può non essere rimandarci alla minaccia della scoppio di una guerra o che oggi come allora fa scricchiolare tutte le certezze e sicurezze, riportandoci a quella precarietà del vivere che poi paradossalmente può trasformarsi in una ricerca sfrenata del piacere, del benessere immediato e attuale, poiché non vi è nessuna certezza di occasioni future.
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