Ci sono dei casi in cui la realtà riesce a superare di gran lunga la fantasia, prestando perfino il fianco ad una ricostruzione cinematografica. La vicenda di Anna Delvey è proprio uno di questi e non è certo un caso che abbia conquistato l’attenzione di un’esperta di successi televisivi come Shonda Rhimes. La storica produttrice di Grey’s Anatomy, infatti, in questo caso si è lasciata ispirare da una vicenda salita agli onori delle cronache nel 2017 per realizzare la miniserie Inventing Anna, disponibile sulla piattaforma Netflix.
Al centro di questo particolare intreccio c’è la figura di una giovane ragazza di ventisette anni proveniente dalla Germania che, spacciandosi per l’erede di una grande fortuna, riesce a mettere nel sacco il jet set di New York e gran parte delle istituzioni bancarie di Wall Street. Ma quali armi ha utilizzato per riuscire a fare scacco matto ad un mondo così chiuso e prevenuto verso gli outsider? Il fascino ed un’intelligenza brillante sono la risposta giusta.
Inventing Anna, chi è Anna?
Anna non è particolarmente bella. Il suo aspetto è quello di una ragazza normale capace, però di vestire un’eleganza naturale esaltata da abiti di alta moda. A renderla veramente unica, però, è il suo modo d’interpretare la realtà, riuscendo a piegarla, quasi sempre, alle sue necessità grazie ad una capacità manipolatoria fuori dal comune e da una cultura forgiata in gran parte da autodidatta.
Questo, poi, è sostenuto da un’incredibile capacità di muoversi tra ombre e luci come una fascinosa dark lady del cinema degli anni quaranta. Nonostante tutto, però, Anna alla fine sembra uscirne sconfitta, considerate le condanne per frode e l’incarcerazione. Ma sarà veramente così?
Durante il processo la ragazza continua a condurre il gioco aumentando la sua popolarità su Instagram, diventando un’icona di stile grazie agli outfit indossati durante le udienze. Attenzione, però, Anna non è solo apparenza. In lei si muovono diverse forze. La prima e più importante è la necessità che il mondo riconosca la sua unicità a qualunque costo.
Non importa il modo.
Dark lady o eroina: ricostruire Anna
In questo modo, dunque, si va delineando uno dei personaggi più ambigui e complessi che, dopo un’iniziale senso di distacco e sfiducia, conquista inspiegabilmente fino a tifare per la sua completa assoluzione. Che la si ami o meno, comunque, Anna non lascia sicuramente indifferenti e questo è sempre stato il suo intento, soprattutto nella vita reale. Lasciare il segno è sempre è il fine che ha mosso ogni passo. Dimostrare di essere una giovane donna capace di piegare anche i poteri forti dell’economia a suo vantaggio per realizzare una sua visione è stata la molla che ha dato il via all’intero processo.
Sentimenti e stimoli che dalla realtà sono passati direttamente sul piccolo schermo grazie all’interpretazione di Giulia Garner, capace di dare ad Anna, oltre ad un volto, anche un’interiorità intricata e spesso sfuggente all’interno di una ricostruzione dove spesso non si comprende il confine tra mistificazione e reale.
Inventing Anna, una, nessuna…
Come fare, dunque, per riuscire effettivamente a comprendere la personalità di Anna? L’unica opzione valida è procedere per tentativi, seguendo un’indagine giornalistica, proprio come la reporter Vivian che intreccia con la protagonista un rapporto sempre più personale. Nonostante questo, però, si deve essere pronti a rimanere spesso stupiti o sconfitti. Il ritratto di Anna, infatti, è un puzzle non facilmente risolvibile.
Ogni persona che ha intrecciato la sua strada contribuisce con un tassello che, però, è ben lontano dall’essere una realtà incontrovertibile. Ciò che gli altri sanno, infatti, è esattamente l’immagine che lei ha voluto far passare di se. Come se non bastasse, poi, il suo volto e le sue attitudini sono fortemente camaleontiche per poter ottenere i risultati desiderati.
Non è un caso, infatti, che per diventare credibile nei piani alti della finanza, decide di modificare il suo aspetto. Lasciato da parte il look da bambolina sofisticata, lavora per acquisire l’immagine di una donna d’affari degna di considerazione. In questo modo, dunque, Anna sembra muoversi sempre tra la luce di un’intelligenza fuori del comune e le ombre di una personalità disturbata. Quale di questi aspetti prenderà il sopravvento?
Ad oggi ancora non è dato saperlo.

Julia Garner protagonista di Inventing Anna
Anna, simbolo dell’indipendenza femminile?
Ovviamente la domanda ha tutta l’intenzione di essere provocatoria. Nonostante questo, però, la realtà non è poi cosi distante. In effetti la storia personale di Anna, fatta eccezion per tutti gli elementi discutibili come la frode, mette in evidenza le difficoltà che le donne devono affrontare per imporre loro stesse o riprendersi una carriera ingiustamente infamata.
La scenografia di tutto questo intreccio è l’America di Donald Trump. Il che vuol dire che non ci si trova certo nella migliore condizione culturale per aprire la mente ad una presenza femminile protagonista della vita sociale. Nonostante questo, però, una giovane donna come Anna tenta il colpo grosso per dimostrare a tutti i colletti bianchi della finanza il valore di una mente femminile.
Fronte comune
Anche il processo e i capi d’accusa che le sono imputati ai suoi occhi non fanno altro che evidenziare l’ingegno con cui ha fatto cadere nella rete nomi altisonanti del mondo degli affari. Di pari passo, poi, si svolge la vicenda professionale di Vivian, la giornalista che s’interessa al suo caso. Relegata a servizi di secondo livello a causa di un errore commesso per la superficialità di un collega, ora paga lo scotto di un allontanamento “aggravato” da una prossima maternità, che sembra destinarla all’oblio professionale.
In questa società così ostile, dunque, Anna e Vivian si utilizzano e sostengono per trovare il loro personale palcoscenico e ritornare, in qualche modo, ad essere padrone delle proprie esistenze. Perché, alla fine di tutto, nonostante le condanne, a sopravvivere a questo uragano mediatico sono proprio loro.
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