Fiato alle trombe, il Festival di Venezia sta per iniziare, il prossimo primo settembre, sotto lo sguardo benevolo della sua madrina Serena Rossi. Dopo l’edizione passata in cui la kermesse ha sfidato, con successo, tutte le problematiche relative alla pandemia, quest’anno tutto sembra avere uno scintillio diverso. Quasi un annuncio di ritorno al passato che sa di futuro.
A dettare il trend positivo dell’edizione numero 78 è, soprattutto, un programma vincente e il ritorno sul red carpet delle star, i grandi protagonisti di un festival cinematografico.
Leggi anche: Quella volta che incontrai Ewan McGregor
Venezia, il ritorno dei divi
Tanto per citarne alcuni in ordine sparso possiamo fare i nomi di Kristen Stewart, Penelope Cruz, Javier Bardem e, ovviamente, Pedro Almodóvar. Ed è proprio ai grandi attori o, meglio, ad uno di loro, che voglio dedicare questo post per riflettere insieme sull’idea di divismo. Chiarisco subito che non è tra i protagonisti citati e non sarà presente sul red carpet del Lido. Per alcuni, poi, potrebbe risultare anche un po’ old fashion, ma è un dato di fatto che il suo nome ha rappresentato sex appeal e glamour dalla meta degli anni novanta fino a quella del 2000. Elementi che, a buon diritto, lo hanno trasformato nell’ultimo divo di Hollywood.
Sto parlando di George Clooney, l’uomo che ha infiammato le conferenze stampa di Venezia, e non solo, molto prima dell’arrivo di Michael Fassbender, il pediatra da cui tutti avremmo portato anche il nostro pesce rosso e il protagonista senza cui non era nemmeno immaginabile pensare di organizzare un party. Certo, anche per lui il passare degli anni si è fatto sentire, tanto da non bere più Martini ed essersi convertito ad un espresso ben ristretto. Nonostante questo, però, il suo nome riporta alla mente ricordi di un tempo in cui il suo arrivo a Venezia o a Roma gettava la compagine femminile del giornalismo nell’agitazione più totale.
George, il Cary Grant degli anni Novanta
Durante il mio primo incontro con Clooney lui vestiva il camice del dottor Ross. Ovviamente tutto è avvenuto tramite televisione e l’appuntamento settimanale con E.R. All’epoca ero una studentessa universitaria e mai avrei immaginato che, un giorno, le nostre strade si sarebbero sfiorate.
Dopo alcuni anni, infatti, sono approdata al Lido di Venezia nell’edizione del festival in cui Clooney presentava il film dei fratelli Coen, Prima ti sposo poi ti rovino. Durante l’incontro con la stampa ho mantenuto il mio piglio da giovane professionista, ma dentro di me ero completamente soggiogata. Guardandolo ero pronta a confermare l’esistenza di Dio.
Mr. Fascino
Ma cosa ha reso Clooney così irresistibile agli occhi femminili? Se andiamo ad osservarlo nel particolare ci rendiamo conto che George, anche nel pieno dei suoi quarant’anni, non era certo portatore sano di una bellezza perfetta come quella di Brad Pitt. Nonostante questo, però, è sempre stato dotato di un particolare scintillio, una sorta di arma segreta capace di far capitolare donne di qualsiasi gruppo anagrafico.
Ovviamente mi sto riferendo al fascino. Cosi, tra un ammiccamento e un sorriso da simpatica canaglia, George è riuscito ad aggiudicarsi il titolo di nuovo Cary Grant. Un giudizio che, se ben ricordate, era stato condiviso anche dalle ragazze di Sex & the City. Fu proprio Carrie a definirlo come una giacca di Chanel, mai fuori moda. E come darle torto?
Le illusioni del divismo
Come “addetta ai lavori”, però, sono perfettamente cosciente dei “trucchi” che si celano nella costruzione del divo. Sto parlando della composizione di quella illusione volta ad esportare e rendere credibile l’esistenza di un essere perfetto in grado di incarnare i desideri nascosti, ma non troppo, di un nutrito gruppo di audience femminile. Per quanto riguarda il personaggio di George Clooney è chiaro l’intervento di una narrazione a tavolino. Una sceneggiatura in cui l’attore americano ha dovuto dipanarsi tra molte donne, impersonando lo scapolo d’oro ed il guascone gentiluomo in sella alla sua Harley.
A nutrire ulteriormente il mito di Clooney poi, ha contribuito non poco l’acquisto della famosa villa sul Lago di Como. Da quel momento, infatti, accanto al simpatico playboy, nasce anche il personaggio di George l’italiano. Insomma, nulla di nuovo sotto il sole del racconto cinematografico. Lo stesso Cary Grant, durante un’intervista ammise che nemmeno Cary Grant era come Cary Grant.
Quindi?
Se riusciamo a tradurre gli “inganni” grazie al quale viene costruito il divo, per quale motivo, in alcuni casi, ne rimaniamo abbagliati? La risposta è nella credibilità e in quel patto che si stringe con la materia cinematografica secondo cui è possibile credere reale anche l’ideale. Per quanto riguarda Clooney, poi, un peso maggiore è rappresentato dalla natura scanzonata del personaggio, da quello sguardo ironico rivolto al mondo e, in prima battuta, verso se stesso. In fin dei conti George Clooney è stato ed è ancora l’ultimo divo, ma lui sembra non crederci granché.
Segui Smack!
Non dimenticarti di seguire Smack! – Blogzine per donne croniche su Facebook. Metti mi piace alla nostra pagina! E segui anche il gruppo Il circolo Smack! Iscriviti anche alla nostra Newsletter cliccando sul form in Homepage oppure qui.
Lascia un commento