La mia prima mestruazione arrivò una domenica pomeriggio, al termine del pranzo di festa. Urlai tutta la mia gioia con entusiasmo irreale. E tutti risero con me. Perché ero davvero felice. Ma non è stato facile arrivare a quel “A Ma’… me so’ venute ‘e cose“. Diventare donna è stato abbastanza faticoso.
E ora ti dico perché.
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Diventare donna, parliamone!
In questo post non ti parlo del diventare donna in senso totale, cioè quando tutto il bagaglio di esperienze fisiche ed emotive ti rende finalmente quella che sei. Ti racconto solamente l’avventuroso giorno in cui “biologicamente” sono cresciuta. Non è mai un passaggio semplice, anche per le ragazzine più emancipate e mature. E io non ero né emancipata, né matura. Ero però molto curiosa. Fin da piccola possedevo la caratteristica dei cronisti di razza. Volevo sapere la verità, in maniera chiara, definitiva e possibilmente in breve tempo.
Giusto per chiarire, io scoprii tutto da sola nel 1985. Perché mia madre non aveva coraggio di spiegarmi certe cose. Lei e le sue amiche scalcagnate si davano di gomito facendo l’occhiolino quando chiedevo a cosa diavolo servissero gli assorbenti. Mai che nessuna mi dicesse il vero senso di quel rito mensile.
Diventare donna, for dummies
Cosa poteva fare allora una bambina di 10 anni? Presi un dizionario, lessi ad alta voce la definizione di mestruazione e insultai Maria per avermi negato la bellezza di quella scoperta. “Per questa cavolata l’avete fatta così lunga?“.
Risposta di mia madre, “Sì“.
E sai perché? A quanto pare, secoli prima, la figlia di una vicina di casa svenne alla vista del sangue. Quindi mamma pensò bene di risparmiarmi un simile trauma. Trauma, ripeto. Non compresi mai del tutto il motivo che l’avesse spinta a pensare che anche io mi sarei spaventata. In sostanza mi equiparò ad una giovane donna con la stessa carica erotica di una missionaria trevigiana in Uganda. Fortunatamente però mi ribellai a quella cosa.
Diventare donna, Sunday bloody Sunday
Due anni dopo, la svolta. Era una domenica e dopo il classico pranzo da trenta portate mi accorsi che qualcosa stava succedendo a sud dell’Equatore. La scoperta non mi colse affatto alla sprovvista perché come ti ho già spiegato sapevo tutto da anni ormai. Corsi in salone e davanti a tutti urlai felice la notizia.
Ero entusiasta! Il mattino seguente papà mi diede anche un bacio sulla fronte mentre ero ancora a letto. Lui non lo saprà mai, ma io lo avevo sentito mentre commosso e orgoglioso diceva “è diventata donna…“. Ed è uno dei ricordi più emozionanti che mi lega a lui.
Ma il bello doveva ancora venire quel lunedì.
Cara prof, sono una donna ormai
In seconda media, da qualche tempo ormai, c’era un andirivieni strano davanti alla cattedra dove stava seduta la professoressa di matematica, un movimento troppo singolare per rimanere inosservato.
In tante si avvicinavano a lei con misteriosi pacchetti in mano. Confabulavano qualche secondo, l’insegnante sorrideva con complicità, poi le compagne di classe si allontanavano in tutta fretta per poi tornare qualche minuto dopo.
Quelle ragazzine avevano semplicemente il ciclo e avevano bisogno di andare in bagno. Era una consuetudine annunciare il grande evento alla professoressa di turno, chissà perché quasi sempre quella di matematica e scienza. Era un modo per dire, “Sono una donna, cerca di capirmi se a volte ti posso sembrare dolcemente complicata“.
Anche io comunicai l’avvenuta entrata nel periodo della maturità sessuale, ma solo perché speravo di non essere interrogata. L’idea era quella di muovere a pietà la docente alludendo ad un’emorragia senza sosta. Quello che ottenni fu invece un’interrogazione anticipata da un sorriso beffardo. “Francesca…allora, vieni tu…“.
Stupidi piani. Per la cronaca non fu un’interrogazione brillante. Odiavo matematica e mi stava antipatica la professoressa, una militante di azione cattolica vestita come una militante di Lotta Continua. Pensa un po’.
E a te com’è andata? Che ricordi hai del tuo “diventare donna”? Dai che sono curiosa!
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