I tatuaggi all’henna (o henné) continuano ad essere molto amati. Eppure, dietro a questa particolare tecnica si annidano molti pericoli. Li spiega in sintesi la prof.ssa Susanna Esposito, professore ordinario dell’Università degli Studi di Perugia e presidente dell’Associazione Mondiale per le Malattie Infettive e i Disordini Immunologici (WAidid).
I tatuaggi sembrano innocui ma non lo sono. Da evidenze scientifiche emerge, infatti, che la sostanza aggiunta all’henna naturale per ottenere un colore più scuro e duraturo, può indurre sensibilizzazione cutanea
Il primo problema dunque si chiama PPD, uno dei più potenti allergeni da contatto. Attualmente è vietato per uso cosmetico dalla legislazione europea. Ne è ammessa la presenza solo nelle tinture per capelli, ma in minime concentrazioni.
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Henna, meglio non rischiare
Secondo i risultati emersi dallo studio realizzato dall’Università degli Studi di Perugia nel 50% dei casi presi in esame i tatuaggi all’henna provocano prurito e bolle. Sintomi legati alla dermatite allergica da contatto, una malattia che si manifesta anche con gonfiore e rossore. Nel restante 50%, invece, i problemi cutanei possono emergere solo dopo un ritocco.
Si prescrive in genere terapia con cortisone e antistaminici che tuttavia non mette al riparo la pelle da problemi successivi. Ad esempio uno schiarimento cutaneo sulla zona dedicata al tatuaggio.
Le precauzioni non sono mai troppe, soprattutto quando si tratta di adolescenti, i primi estimatori dei tatuaggi all’henna. Tanti sono i giovani che acquistano kit venduti online, purtroppo privi di qualsiasi garanzia. Meglio non affidarsi poi a tatuatori improvvisati sulle spiagge che usano materiali scadenti e rischiosi.
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