Alcuni giorni fa Kate Winslet è tornata a richiamare l’attenzione su un tema per lei e, per molte altre donne dello show business, molto importante. Il riferimento, assolutamente non casuale, riguarda la bellezza femminile e, soprattutto, il modo in cui viene manipolata e utilizzata a scopi promozionali e non solo. Per chi non avesse seguito il caso da vicino, riassumo velocemente.
L’attrice, da sempre in conflitto con le critiche rivolte al suo corpo dalle forme morbide e sinuose, si è nettamente opposta alla “rielaborazione” della propria immagine tramite Photoshop. Al centro del contrasto i poster promozionali della serie tv Omicidio a Easttown e una scena di sesso in cui la Winslet mostra una pancia non perfettamente piatta.
Tutto questo fa sorgere una domanda spontanea. Chi ha attribuito alla fabbrica hollywoodiana il compito di tratteggiare l’immagine di una figura irreale, priva di segni di espressione, dotata di un corpo dalle proporzioni perfette e cristallizzata in una eterna bellezza? Ovviamente nessuno, eppure si tratta di una consuetudine acquisita da anni in cui la bellezza naturale e quella artefatta sono in costante conflitto con una netta sconfitta della prima.
Kate Winslet, l’esempio della bellezza vera
La situazione, però, sta cambiando. O almeno così sembra, grazie ad una generazione di attrici che, attualmente, si trova tra i 40 e 50 anni. Le signore di Hollywood, infatti, hanno iniziato a difendere l’unicità della propria bellezza, cercando di mandare un messaggio ben preciso a quella porzione di audience femminile facilmente condizionabile, qualunque siano le proporzioni del loro corpo. Perché ad essere oggetto di critiche e rielaborazioni digitali non sono solo le forme più esuberanti ma anche quelle più timide.
Basti pensare al caso di Keira Knightley che, nota per il suo fisico filiforme, ha visto improvvisamente aumentare il volume del seno su foto pubblicitarie e promozionali. Insomma, che sia “troppo” o “poco”, per Hollywood i parametri della bellezza femminile sono assolutamente inarrivabili in modo naturale, perché frutto di una narrazione mitologica al centro della quale c’è ancora una star, perfetta e irraggiungibile. Ma il concetto di icona non è anacronistico oltre che pericoloso ed estraniante per chi sta a guardare?
Come Hollywood creò la bellezza perfetta
Quando il cinema trovò la sua voce diede inizio anche ad una rivoluzione interna dai risvolti pericolosi. Mi riferisco a quello che viene chiamato Star System e che, in pratica, ha assunto le proporzioni di una vera e propria fabbrica di stelle del grande schermo. In sostanza questa attività, dalla natura industriale, prevedeva la capacità di individuare un soggetto promettente, mutare il suo aspetto e scegliere un nome più accattivante.
Tutto per costruire un personaggio ad hoc, destinato a far sognare sul grande schermo e sulle pagine dei magazine con la sua vita privata fatta di perfezione e scintillio. Questa manipolazione del corpo e dell’anima ha raggiunto i suoi livelli massimi negli anni cinquanta e nei primi sessanta. In quel periodo le star del grande schermo avevano un aspetto sempre curato, non dovevano mostrare imperfezioni fisiche ed emotive. In sostanza il loro compito era apparire come delle creature perfette, delle divinità baciate dalla buona sorte di un corpo dalle proporzioni armoniose e da una esclusività misteriosa.
Ma la nascita del mito ha il suo prezzo e non è certo scontato.
Per essere i simboli di tale intaccata e irraggiungibile bellezza in molti hanno rinunciato, con fatica, alla propria natura. E non sempre gli effetti sono stati benefici. Basti pensare alle difficoltà emotive di Marilyn Monroe nel sostenere l’immagine della dea del sesso e di Rock Hudson, costretto a vestire una eterosessualità perenne nonostante la sua omosessualità.
Per molto tempo, però, la verità non ha trovato spazio. Ogni ingranaggio dello star system, infatti, ha funzionato alla perfezione isolando quanto più possibile gli attori dal mondo reale e lavorando in perfetta sinergia con i magazine più quotati. In questo sistema senza sosta, però, le donne hanno pagano il prezzo più caro. Per loro, divinità potenti, esiste un solo nemico da combattere e da cui essere sconfitte: l’avanzare dell’età. Perché, si sa, Hollywood non perdona alle sue donne l’invecchiamento. D’altronde le dee sono immortali e senza tempo.
La New Hollywood cambia il concetto di bellezza?
La risposta a questa domanda non può essere netta e chiara. In effetti l’arrivo della così detta New Hollywood, ossia la rivoluzione apportata da giovani registi tra la fine degli anni sessanta e l’inizio dei settanta impone delle nuove scelte estetiche. Parlando da un punto di vista cinematografico si esce dagli studios e si sceglie di filmare l’esterno, il reale. Anche per gli attori e le attrici le cose sembrano cambiare.
Il Pantheon a cui appartenevano viene distrutto, le “divinità” sono spinte a scendere tra gli uomini e a mostrare il loro volto più concreto. L’esclusività e lo scintillio non è più di moda. Ma cosa accade al concetto di bellezza? Anche questo aderisce alle necessità del realismo? La risposta è positività solo in parte. La rivoluzione più grande, in questo senso, coinvolge i protagonisti maschili. In loro, infatti, l’imperfezione non solo viene perdonata ma esaltata come caratteristica e, quindi, elemento distintivo da un punto di vista professionale.
Come tu mi vuoi
Per quanto riguarda il contesto femminile, invece, viene ancora richiesta una bellezza, forse non stereotipata, ma comunque costante e ben visibile. Non credete? Pensate alle esperienze di una giovane Meryl Streep. Durante i suoi primi provini le viene fatto notare, più di una volta, di non essere abbastanza bella per il cinema. Fortunatamente è sostenuta da un carattere caparbio e da un talento straordinario che la spinge ad andare avanti.
Oltre ad essere dotata di una bellezza raffinata e non scontata. E se non siete sicuri di questo, provate a rivedere Kramer contro Kramer per ammirare quella giovane ragazza dai lunghi capelli biondi che oggi si specchia nel volto naturale di una signora capace di sedurre per i suoi sorrisi improvvisi e l’ironia dissacrante.
È da questo tipo di donne e di artiste che nasce la rivoluzione di Kate Winslet.
Judi Dench ed Helen Mirren, ad esempio, hanno dimostrato che un’attrice di talento può e deve infrangere la barriera dell’età, continuando ad utilizzare le proprie peculiarità. Esattamente come dovrebbe fare qualsiasi donna nella sua quotidianità. In sostanza, la perfezione non esiste. Esiste lo stile, la classe e il carattere.
Tutto il resto è una grande illusione, un sogno il cui risveglio potrebbe essere terribile. Basta pensare agli effetti collaterali impressi sui volti statici di chi, ancora oggi, ha ceduto alla pressione della perfezione artefatta. Nicole Kidman, Meg Ryan e Renée Zellweger hanno abbracciato la via del botulino e la perdita di identità per rincorrere una mera illusione. Non lo trovate terribile?
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