Questa è la storia di un gruppo di ragazze speciali. Adolescenti o poco più che nella Milano degli anni ’30 decisero di dar corpo alla loro passione, fondando la prima squadra di calcio femminile in Italia. Ovviamente, osteggiate dal regime fascista che non poteva accettare l’idea che delle signorine potessero giocare a pallone. A raccontare le loro vicende ci ha pensato la giornalista del Corriere della Sera, Federica Seneghini che nel romanzo Giovinette. Le calciatrici che sfidarono il Duce (Solferino) ha dato voce a delle donne coraggiose, il cui esempio deve essere valorizzato anche oggi.
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Federica Seneghini e il suo romanzo Giovinette
Federica Seneghini, ricostruire una storia
Un romanzo appassionante, Giovinette, scritto con il piglio della cronista da parte di Federica Seneghini che ha ricostruito pezzo a pezzo una storia complessa e densa di implicazioni, anche politiche, quella del Gruppo Femminile Calcistico milanese. Tutto è cominciato lo scorso anno, in occasione dei mondiali di calcio femminile, dall’incontro con Grazia Barcellona che nella squadra aveva le sue zie, Rosetta, Luisa e Marta Boccalini. Da lì, la voglia di saperne di più di quelle ragazze e della loro vita.
«Grazia Barcellona è mancata a ottobre. Mi dispiace che non abbia visto il libro finito, avrei voluto dargliene una copia» ci ha raccontato Federica.
E oggi, una strada per loro
Lo avevamo preannunciato nell’intervista e oggi, a quasi un anno dalla chiacchierata con Federica, le sue Giovinette hanno una via intitolata a Milano. Via calciatrici ’33 si trova vicino all’Arena civica, all’interno del parco Sempione ed è stata inaugurata nell’anniversario della celebre e unica partita disputata dalla squadra l’11 giugno di 88 anni fa.
Alla cerimonia hanno partecipato il sindaco Beppe Sala, Elisabeth Spina di Milan Academy, Ilaria Pasqui, responsabile del settore femminile dell’Inter, i familiari di quelle formidabili calciatrici. E ovviamente la loro narratrice, Federica Seneghini.
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Dueminutiescendo
Hai presente quando ti citofona qualcuno, dici “Due minuti e scendo!” e poi i minuti diventano sempre 485?
Mi sono chiesta cosa succeda in questa specie di comfort zone continuamente disattesa.
Io non sono una ritardataria, anzi, ma sono una pensatrice e credimi, ci sono delle volte in cui comincio a perdermi nelle mie riflessioni. Quindi a volte è capitato di dover andare ad un appuntamento e di fare tremila cose prima di uscire dalla porta.
Questi due minuti, che poi due minuti non sono, diventano il tempo di un racconto o di un’intervista sul mondo femminile (e non solo).
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