Ci sono dei piatti la cui fama è talmente potente da alimentare una leggenda forse spropositata. Hai mai sentito parlare delle fettuccine Alfredo? Si tratta un primo della tradizione romana – almeno, a Roma è nato – a base di fettuccine fatte in casa, Parmigiano e burro. Nulla da eccepire: sono deliziose. E allora perché se ne discute tanto? Perché gli americani se ne sono appropriati quasi come fossero una loro creazione. Dando vita a delle variazioni sul tema francamente imbarazzanti.
Adesso provo a spiegarti ogni singolo punto. Poi però dopo ci prepariamo un bel piatto di pasta come premio.
Fettuccine Alfredo, cronaca o fantasia?
Ho iniziato a scrivere questo post con un’idea ben precisa, nemmeno troppo originale: parlare male dei food blogger americani e della loro mania per il cibo tradizionale italiano. Dopo aver raccolto materiale di dubbio gusto ho focalizzato la mia attenzione su un oggetto misterioso, le fettuccine Alfredo.
Ogni blog d’oltreoceano ha la sua versione. Te le immagini le massaie dell’Ohio a preparare per cena questa pasta? Appunto. Le ricette che ho studiato, infatti, non erano né appetitose né credibili.
Vedevo litri di panna da cucina, vagonate di bucce e succo di limone, noce moscata. Taccio per decenza delle versioni con pollo e gamberi.
Una domanda però mi angosciava più di tutte. Possibile che le fettuccine Alfredo siano sempre state un piatto classico della cucina italiana e non me ne ero mai accorta? Ho iniziato a fare delle ricerche più approfondite. E finalmente ho scoperto la storia di Alfredo Di Lelio.
Fettuccine Alfredo, la storia
Classe 1883, nato a Roma, a Trastevere per la precisione, Di Lelio è figlio d’arte e lavora alla trattoria della madre Angelina, a piazza Colonna, fin da ragazzo. Nel 1908, anno di nascita del primogenito, battezza le celeberrime fettuccine. Un primo semplicissimo creato ad hoc per la moglie Ines.
Il resto è storia. Nel 1914 Alfredo si trasferisce in un locale di via della Scrofa, sempre nel centro storico di Roma. Nel 1927 l’incontro fortunato con le stelle di Hollywood Mary Pickford e Douglas Fairbanks che gli regalano delle posate d’oro per ringraziarlo della sua ospitalità. Poi, nel 1943, in piena guerra, la cessione del locale. Nel 1950, il grande ritorno in scena con l’apertura di un nuovo ristorante a Piazza Augusto Imperatore.
Hollywood sul Tevere
Per capire questa storia, devi lavorare un po’ di fantasia. Immagina le orde di americani che affollano Roma durante gli anni della Dolce Vita. Pensa alle coppie in viaggio di nozze o alle studentesse di belle arti che si nutrono della ricchezza della Capitale.
Adesso pensa a queste stesse persone che tornano a casa e cominciano a parlare ai loro amici delle cose buonissime che hanno mangiato in Italia. A cominciare dalle fettuccine Alfredo, gustate sotto l’effetto del Ponentino. Moltiplica queste chiacchiere per un numero enne.
Mese dopo mese, anno dopo anno, negli States il fenomeno Alfredo si diffonde a macchia d’olio. Tutti provano a riprodurre il piatto. E lì cade l’asino.
Fettuccine Alfredo, la tecnica
L’originale sfrutta solo tre ingredienti, fettuccine all’uovo sottilissime, burro (30 grammi a porzione) e Parmigiano Reggiano (70 grammi a porzione), ben setacciato per evitare la formazione di grumi.
Il resto sta alla maestria del cuoco: la cottura velocissima della pasta, una scolatura leggera (la pasta deve essere umida al punto giusto), la pioggia di formaggio e la mantecatura finale con il burro ammorbidito a temperatura ambiente. Fine.
La fantasia americana
E adesso ti parlo male dei food blogger americani. Forse la potenza della cucina di una nazione si misura nel grado di immaginazione che riesce a scatenare. Se la mettiamo così, nessuno può battere la cucina italiana. Basta guardare tutto ciò che spacciano per piatto tipico italiano negli USA per capire questa cosa.
Non dico che non bisogna tradire l’ufficialità. Essere eretici in cucina è essenziale per creare qualcosa di nuovo (te lo raccontavo già qui parlandoti di Judith Jones). Il punto è appropriarsi di qualcosa senza conoscerla davvero.
Perché mai si dovrebbe definire come toscana una zuppa con pollo, bacon, panna e broccoli?
La carica degli pseudo italiani
Ciò che mi intristisce è che sono i cuochi di origine italiana (amatoriali e non) ad aver dimenticato le proprie radici e a creare piatti ai limiti della denuncia penale. Mi chiedo allora quanto si perda così della propria tradizione gastronomica e quanto sia giusto contaminarla.
Non parlo di spaghetti col ketchup, no. Una simile ferita non la infliggerebbero all’umanità nemmeno dei single sessantenni e orfani dell’Arkansas. Parlo delle cuoche con voce stridula che millantano nonne campane (magari le hanno pure) e poi preparano male le fettuccini Alfredo.
A proposito, segnalo in calendario: il 7 febbraio è la giornata delle fettuccine Alfredo. Perdonali, Alfredo.
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Gent. ma Francesca Fiorentino,
la ringrazio per il suo articolo che ricorda la figura del mio caro nonno Alfredo e della nostra tradizione di famiglia legata alla note fettuccine dedicate da mio nonno a mia nonna Ines quando nacque nel 1908 mio padre Armando.
E’ mia cura e mio impegno assicurare nel tempo ai miei clienti la bontà della ricetta originale e “segreta” delle fettuccine, come inventate da mio nonno, che purtroppo , come tutte le ricette di cucina, non è brevettabile.
E’ di mio sentito gradimento poterla ospitare, quando vuole, nel mio ristorante di Piazza Augusto Imperatore, per farle apprezzare le fettuccine ed anche per raccontarle alcuni aneddoti di mio nonno che era, tra l’altro, un grande amico di Petrolini.
Infatti Alfredo conobbe Ettore Petrolini nei primi anni del 1900 in un incontro tra ragazzi del quartiere Trastevere (tra cui mio nonno) e ragazzi del Quartiere Monti (tra cui Petrolini). Fu proprio Petrolini che un giorno, già attore famoso, andando a trovare l’amico Alfredo, dopo averlo abbracciato, gli disse “Alfré adesso famme vede che sai fa”. Alfredo dopo essersi esibito nel suo tipico “show” che lo vedeva mischiare le fettuccine fumanti con le sue posate d’oro davanti ai clienti, si avvicinò al suo amico Ettore che commentò “meno male che non hai fatto l’attore perché posto per tutti e due nun c’era” e consigliò ad Alfredo di tappezzare le pareti del ristorante con le sue foto insieme ai clienti più famosi.
Distinti saluti Ines Di Lelio
Ines cara, grazie per il commento! Sarò felice di incontrarti quanto prima. Non sono mai troppe le belle storie legate alla cucina.