Quando ho sentito per la prima volta parlare di languishing non avevo ben chiaro di cosa si trattasse. Così, come faccio sempre in queste occasioni, ho provato a googlare per vedere di sciogliere qualche dubbio. Il risultato è stato chiaro ed evidente. Con languishing, termine di derivazione anglofona, si identifica uno stato d’animo che, proprio in tempo di pandemia da COVID – 19, stiamo provando un po’ tutti.
In sostanza si tratta di un “languore” dell’anima che nasce dall’innaturale sospensione delle nostre vite provato in questo periodo. I sintomi del languishing sono piuttosto evidenti, visto che si manifestano con una sorta di indifferenza e rassegnazione, oltre ad una mancanza di concentrazione. Ovviamente siamo ancora lontani dalla depressione o dalle manifestazioni d’ansia, ma questo non vuol dire che questo stato d’animo non sia limitante o, quanto meno, opprimente.
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foto di Kinga Cichewicz su Unsplash
Languishing, tutti nella stessa barca
Chiunque stia convivendo con il languishing si sente immerso in una immobilità derivata dalla perdita di stimoli esterni come quelli lavorativi o sociali. Le privazioni imposte da questo lungo anno di pandemia, alla fine, hanno fatto sentire gli effetti anche sulla psiche degli adulti che, senza mete costanti da raggiungere, progetti a lungo o breve termine, per non parlare dei contatti umani che aiutano ad alleggerire il vissuto, lentamente sono caduti in uno stato di disinteresse.
Il languishing, appunto, che rende ogni giorno ed ogni ora uguale all’altro senza possibilità, almeno in apparenza, di cambiare ritmo ed andamento. Ma chi è che per primo ha chiamato in causa il concetto di languore per spiegare la particolare situazione emotiva che stiamo vivendo?
Il languishing secondo Corey Keyes e Grant
Il sociologo e psicologo Corey Keyes ha utilizzato il termine languishing per spiegare uno studio portato a termine su 3032 adulti, uomini e donne, di età compresa tra i 25 anni e i 74. Ossia quella fascia anagrafica e sociale per cui la progettualità del futuro e le relative soddisfazioni derivate da una vita dinamica sono fondamentali per garantire una condizione di benessere psico-fisico.
Bene, il risultato di questo studio ha portato ad un risultato chiaro. La maggioranza di chi è affetto da languishing non presenta nessun disagio psichico ma, allo stesso tempo, sembra non evolvere, crescere o fiorire.
Un altro psicologo, Grant, ha messo da parte numeri e statistiche per cercare di spiegare il senso più profondo di languishing utilizzando parole e termini di facile comprensione, in grado di descrivere la situazioni specifica vissuta da molti, se non dalla maggioranza delle persone. In sostanza è come se vivessimo in uno stato di continua attesa per ristabilire la quotidianità sospesa.
Ed in questo attendere osserviamo la nostra vita attuale attraverso un vetro appannato. Lo stato che ci accomuna, come detto, non è certo la depressione ma, allo stesso tempo, siamo lontani dal funzionare ai massimo delle nostre potenzialità.
Perdiamo facilmente la concentrazione, non riusciamo a focalizzare i passi da compiere e, soprattutto, veniamo bloccati da uno stato di fatica che, prima di essere fisico, è mentale. Come uscire, dunque, da questo stallo?
Languishing, soluzioni e antidoti
Il primo passo per combattere il languishing è proprio prendere coscienza di essere caduti nel languore. Sembra una frase fatta ma, trattandosi di una condizione priva di segnali evidenti o limitanti come la depressione, si può facilmente correre nel rischio di non riconoscerlo continuando a rimanere impantanati nella situazione. Il secondo, invece, è capire che non si è soli.
Il languishing, infatti, non definisce una nostra personale debolezza o mancanza di determinazione. Piuttosto è un effetto causato da una condizione esterna e totalmente inaspettata, che accomuna molti, magari con intensità diversa.
Quindi, tanto vale parlarne con gli amici più intimi e ascoltare il loro stato d’animo. E, proprio per iniziare questa pratica salutare, sono qui anche per dire: «Salve, sono Tiziana e spesso mi perdo nel languore». Ecco, tolto il dente, via il dolore.
Piccoli passi
In ultimo Grant, il nostro amico psicologo già citato, per vincere il languishing consiglia di fissare dei piccoli obiettivi giornalieri. Questo dovrebbe aiutare a mettere sempre più a fuoco lo sguardo sulla nostra quotidianità, regalando anche delle piccole soddisfazioni. A questo punto, però, tralasciando i consigli degli esperti, vorrei concludere con due attività che ho testato personalmente ed hanno portato dei benefici sul mio stato.
Partendo proprio dal bisogno di programmare la quotidianità, ho deciso di dichiarare guerra al languishing attraverso l’attività fisica e il fai da te. Per tre volte a settimana, dunque, ho iniziato a praticare la camminata veloce e, per un paio d’ore al giorno, mi dedico ad attività creative.
In questo modo la mente trova uno spazio per alleggerirsi e riattivarsi attraverso il semplice movimento delle mani e del corpo, concentrandosi su un progetto da concludere o uno sforzo atletico da sostenere. In attesa, ovviamente, che il mondo riprenda a girare.
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