Conosco Marzia Gandolfi da tanto tempo e quello che sto per scriverti non può prescindere dall’immensa stima professionale che nutro per lei. Di sicuro è una delle esperte di cinema che hanno avuto un maggiore impatto su di me: per preparazione, intelligenza, stile. Quando ho saputo della pubblicazione del suo nuovo saggio, Kind of Blue. Barry Jenkins, variazioni sul corpo afroamericano non ci ho pensato su due volte e l’ho voluta subito come ospite di Dueminutiescendo.
L’argomento è quanto mai interessante e importante. Può un autore riscrivere in qualche modo la storia del cinema afroamericano? Sì. A partire da un modo nuovo di raccontare qualcosa “di vecchio”. Dopo la Blaxploitation degli anni ’70 che ha permesso al pubblico afroamericano di vedersi rappresentato, il cinema chiassoso di Spike Lee e il New Deal artistico legato alla presidenza Obama, Moonlight di Barry Jenkins ha rappresentato un nuovo inizio.
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Marzia Gandolfi, Barry Jenkins? Rivoluzionario
Nel 2017 Moonlight si aggiudicò l’Oscar al miglior film (ricordi il siparietto dello scambio delle buste e la vittoria momentanea di La La land?). In molti storsero il naso, eppure in quel momento Barry Jenkins aveva di fatto creato uno spartiacque culturale di grande importanza.
«Con Moonlight è riuscito a eludere qualsiasi cliché. Siamo sì davanti a personaggi stereotipati, ma elevati rispetto al luogo comune. Jenkins è stato tra i primi di questa nuova generazione di registi, inserisco anche Jordan Peele, che è riuscito a configurare la rappresentazione degli afroamericani al cinema», mi ha raccontato Marzia.
La ferita sociale e politica rappresentata dalla questione afroamericana ancora oggi è lontana dall’essere guarita. Pensa solamente alla catastrofe scatenatasi dopo l’omicidio di George Floyd per mano del poliziotto Derek Chauvin. Jenkins però la traduce in maniera diversa e originale. Non solo al cinema visto che dal prossimo 14 maggio su Prime Video sarà disponibile La ferrovia sotterranea, serie televisiva che rilegge addirittura la schiavitù.
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Dueminutiescendo
Hai presente quando ti citofona qualcuno, dici “Due minuti e scendo!” e poi i minuti diventano sempre 485?
Mi sono chiesta cosa succeda in questa specie di comfort zone continuamente disattesa.
Io non sono una ritardataria, anzi, ma sono una pensatrice e credimi, ci sono delle volte in cui comincio a perdermi nelle mie riflessioni. Quindi a volte è capitato di dover andare ad un appuntamento e di fare tremila cose prima di uscire dalla porta.
Questi due minuti, che poi due minuti non sono, diventano il tempo di un racconto o di un’intervista sul mondo femminile (e non solo).
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