C’è un lungo elenco di momenti in cui sei certa di essere diventata adulta. Quando decidi di ritirare i panni nonostante il cielo azzurro perché sai che scoppierà un temporale, ad esempio. O quando la tua squadra perde una partita decisiva e piangi solo per 19 secondi. E naturalmente quando inizi a vedere con occhi nuovi, forse un po’ disincantati, un personaggio che fino a quell’istante avevi idolatrato. Io Amélie Poulain la guardo con occhi nuovi ma l’amore che provo per lei è lo stesso che sentivo nel mio cuore 20 anni fa (con Carrie Bradshaw non mi succede per dire). E oggi, alla vigilia del ritorno al cinema del bellissimo film di Jean-Pierre Jeunet voglio proprio parlarti di lei.
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Perché tutti odiano Amélie Poulain?
Nel gruppo Facebook di Smack (in fondo trovi il link per accedervi corri da noi) ho chiesto alle Smackers di rispondere seccamente: Amélie sì o no? Il risultato è stato schiacciante a favore del sì. Ma il campione dei no è comunque sufficiente a porci un altro quesito. Perché si odia – per carità metti il verbo odia tra tutte le virgolette del caso – un personaggio che per quanto naif propone un’idea di mondo tutto sommato bella?
Ho provato a dare una risposta valutando i commenti feroci letti sul web e leggendo articoli costruiti su questa tesi (in sintesi: Amélie è una malata psichiatrica, sociopatica, antifemminista). Secondo me dipende dal fatto che la sua indole fiabesca dia molto fastidio in un mondo indurito dalla bruttezza. Come se rappresentasse una sorta d’ideale irraggiungibile e per questo inutile e dannoso.
Amélie Poulain è una santa?
No e tra le altre cose questo aspetto è ampiamente ridicolizzato nel film.
Amélie Poulain è una ragazza piena zeppe di problemi, con un rischio marcato di isolamento patologico se non addirittura di dissociazione. Ma, e questo è ciò che sfugge ai critici severi, al termine della sua parabola questo muro lo sfonda grazie ad un amore vero per un uomo vero che le corrisponde in tutto e per tutto, l’adorabile Nino Quincampoix.
Proviamo a pensare ad Amélie non come ad un modello di vita (ci torno più avanti) ma come ad un’eroina che viaggia alla ricerca di sé stessa, che deve smettere di essere diffidente e spaventata dalla vita. Che deve piantarla di aiutare gli altri solo perché nella sua vita qualcosa non funziona.
Amélie e le Amélie del mondo
Secondo i critici più severi, dunque, intere generazioni di donne e ragazze sarebbero state traviate da questa figura sopra le righe che avrebbe dato al prossimo la sua visione distorta e irreale del mondo, imponendo loro di assumere un’espressione vacua e stralunata. Oltre a rappresentare un paradigma estetico stucchevole.
Sinceramente, il pericolo che certi personaggi spingano ad essere come loro però non l’ho mai messo a fuoco del tutto. Credo, al contrario, che alcune figure risuonino più o meno con aspetti della nostra personalità e ci stiano più o meno simpatiche. Non ti è simpatica Amélie? Perfetto. Perché attaccare chi la pensa in maniera diversa? Stiamo parlando di cinema non di fissione nucleare.
Vediamo un po’ questo pericolo
Ti parlo quindi della mia esperienza e del mio rapporto con questo personaggio nel corso degli anni. All’inizio per me Amélie è stata una vera epifania, non certo una spinta all’imitazione. Mi sentivo come lei e soprattutto mi sentivo rappresentata in un film che non aveva paura della stranezza.
Sì, ho consumato la colonna sonora di Yann Tiersen, sono stata a Parigi, ho alloggiato a Montmartre e ho rotto la crosta della creme brulée. A 26 anni, con una laurea in tasca, un lavoro impegnativo in rampa di lancio e una vita sentimentale poverella il meglio che potessi fare era aggrapparmi a quella ragazza che si faceva domande strampalate. O immaginava storie meravigliose per darsi spiegazioni sull’insensatezza della vita. Non ne vado fiera, ma è quello che è stato e ripensandoci provo tenerezza per quella ragazzina con la testa tra le nuvole.
Je suis Amélie
Una volta lanciarmi nel mondo era tutto ciò che desideravo. Niente ricchezze, macchine, vestiti lussuosi. Volevo solo avere quel maledetto coraggio di esserci. Senza paura. Oggi non sono più quella giovane donna spaventata, così sedotta dall’idea di vivere in un mondo di fantasia.
Proprio come quello della deliziosa parigina dagli occhi grandi e scuri. Io continuo ad amare la sua dolcezza. Che naturalmente non piace ai cinici, ontologicamente improntati ad un realismo senza speranza.

Foto di Diogo Fagundes su Unsplash
Ad Amélie voglio bene.
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