Alcune settimane fa la HBO ha diramato una notizia che, immediatamente, ha riacceso i riflettori su di una serie TV tanto iconica quanto conclusa da tempo. Sto parlando di una sorta di proclama in cui è stato annunciato che le ragazze più newyorkesi della televisione sarebbero tornate sul set di Sex and the City per raccontare la vita delle donne approdate nei cinquanta. Tralasciando momentaneamente i miei dubbi sull’opportunità di questo ritorno, la notizia mi ha obbligato ad una scanzonata riflessione sulle donne più iconiche delle serie tv.
Almeno dal mio modesto punto di vista.
Facendo una veloce carrellata mentale ho scoperto che le più amate e, quindi, quelle in cui meglio mi rifletto, hanno tutte in comune delle caratteristiche: un uso smodato della parola, la tendenza ad un’ironia un po’ goffa ed un sex appeal imperfetto. Capace di renderle delle donne vere e non creature da contemplare. Insomma al bando le seduttrici seriali, lunga vita a chi sa ridere di sé stessa, ma pur sempre su un tacco 12. E credetemi che non è affatto semplice.
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Rachel Green e Carrie Bradshaw
Serie TV 90’s: quando volevo essere Rachel Green
Alla metà degli anni Novanta ero una studentessa universitaria con delle grandi aspettative per il futuro. La più importante di tutte era vivere in un appartamento nel Village a New York, apparire incredibilmente cool anche con un improbabile taglio di capelli ed essere frizzante come uno spuntino d’annata.
Insomma, sognavo di vivere sul set di Friends ed essere Rachel Green. Jennifer Aniston, dunque, per me ha incarnato la prima donna iconica di una serie tv, tanto da spingermi a copiare quel famoso taglio di capelli iper scalato. Quello stesso che, per sua successiva ammissione, era stato il frutto di un errore e che un numero considerevole di ragazze ha riprodotto senza farsi troppe domande.
Ma cosa ho amato di questa ragazza viziata che approda come un piccolo uragano vestito da sposa al Central Perk?
Sicuramente quella goffaggine naturale che, abbinata alla sua ironia sottile la rende ancora più attraente. Per non parlare poi, della leggerezza con cui attraversa le situazioni più disparate. Un tocco lieve che non è certo superficialità ma, piuttosto, la capacità di riportare gli eventi della vita alla loro essenza più naturale e spesso comica.
Ho amato e continuo ad amare così tanto Rachel Green che, qualche anno fa, trovandomi a New York per lavoro non ho potuto fare a meno di affrontare una fila lunga svariate ore pur di mettermi seduta su “quel” divano con una tazza di caffè in mano. Per festeggiare il ventennale di Friends, infatti, gli arredi di scena erano stati portati a New York ricostruendo il Central Perk dove, per pochi minuti, sono riuscita ad essere Rachel.
Anche se con un altro taglio di capelli.
Carrie Bradshaw: storia di una scrittrice e delle sue Manolo
Fin da bambina sapevo perfettamente cosa avrei fatto da grande: scrivere. Ho un vago ricordo di una piccolissima me che, appoggiandomi su di in banchetto di legno, facevo finta di battere a macchina. Un’altra memoria più chiara, poi, mi restituisce l’immagine di una bambina che scriveva da sola le sue favole e che dichiarava a gran voce di voler raccontare le storie delle persone.
Quello che ancora non sapevo, però, è che con il tempo avrei sviluppato una passione altrettanto bruciante per le scarpe. E che un umorismo un po’ sferzante sarebbe stata l’immancabile conseguenza di crescere in una famiglia di donne particolari.
Inevitabile, dunque, che il mio primo incontro con le ragazze di Sex and The City sia stato un colpo al cuore. Sì, una specie di riconoscibilità del mio piccolo mondo tradotto in un racconto televisivo.
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Ma perché, tra le quattro ragazze, Carrie Bradshaw ha conquistato il mio cuore aggiudicandosi una posto tra le donne più iconiche delle serie tv?
Ovviamente le parole sono state il nostro primo punto d’incontro. E non sto parlando solamente di quelle scritte ma, soprattutto, di quelle pensate e poi espresse in quantità copiosa ad un ritmo sostenuto. Di Carrie, però, ho amato soprattutto il suo saper riassumere vari aspetti del mondo che la circonda. Calibrandoli, non sempre con grande successo, per raggiungere sempre una riflessione in grado di armonizzare e riassumere il femminile che la caratterizza.
Grazie a lei, poi, ho capito che correre per il mondo sui dei tacchi alti non vuol dire sminuire la propria intelligenza. E che parlare di sesso non è un peccato o un atto inopportuno per una donna.
Insomma, Carrie Bradshaw ha rappresentato la mia piccola rivoluzione sessuale. Come? Incarnando una donna incasinata che percorre con le sue Manolo la strada non sempre lineare per affermare se stessa e rivendicare il diritto al divenire, qualsiasi cosa questo comporti.
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