Di West Wing – Tutti gli uomini del presidente mi parlò per anni un mio vecchio direttore. Lo faceva con così tale passione e trasporto da rendermela indigesta. Mi succede sempre con tutti i film e le serie capolavoro appartenenti alla categoria «dovete assolutamente vederle sennò non potete dire di avere davvero vissuto». Chiamala pure reazione di difesa inconscia all’implicita accusa di non esserti gustata un cult perché in fondo di televisione e cinema non capisci niente. Bene, avevo torto a rimandare la visione di questa produzione entusiasmante. Torto marcio. Perciò sono qui per fare pubblica ammenda e rendere merito al talento del suo creatore Aaron Sorkin.
Il tempo è decisamente appropriato. Dopodomani Joe Biden si insedierà ufficialmente alla Casa Bianca, al termine di un periodo che definire angoscioso è poco. Trump ha subito un impeachment (il secondo durante il suo mandato) per istigazione alla sommossa, un gruppo di facinorosi ha occupato il Campidoglio a Washington mostrando al mondo la fragilità e le contraddizioni della democrazia americana. Non c’è momento migliore per parlarti di questa serie pazzesca.
Leggi anche: Becoming la storia di una First Lady

Il cast di West Wing
West Wing, come nasce un cult
West Wing mi ha accompagnata da fine novembre agli inizi di gennaio. Ti parlo di sette stagioni per un totale di 154 episodi. Un tour de force che però non è stato faticoso, anzi. Forse per darti un giudizio completo sulla serie dovrei rivederla una seconda. La prima infatti l’ho gustata indossando degli occhiali d’oro che ne hanno messo in risalto tutti i pregi. Una seconda occhiata mi servirebbe, forse, anche per notare quelle piccole ombre assolutamente normali in una produzione così lunga (è durata dal 1999 al 2006). Mi riprometto di farlo. Ecco la mia first reaction.
Dal Bar alla sala Ovest
Di Aaron Sorkin non mi fido. Ci sa troppo fare con le storie e con le parole per essere veritiero, ma certo sentirlo raccontare di aver scritto la versione teatrale di Codice d’onore, poi diventato film, sui tovagliolini di un teatro di Broadway dove lavorava come barman la dice lunga sul talento di questo autore e sulla capacità di rendere epico ogni aspetto della vita e nel contempo di essere disincantato. Un mix per quello che mi riguarda perfetto.
Di lì a poco sarebbe stato contattato dai dirigenti della NBC per chiedergli di lavorare ad una serie. Gli chiesero suggerimenti e Sorkin rispose di non avere grosse idee al riguardo. Poi l’illuminazione: avendo lavorato allo script di Il presidente – Una storia d’amore sarebbe stato bello analizzare dinamiche e tensioni nascoste nella Casa Bianca. L’idea piacque. Nacque West Wing.
Cos’è l’ala Ovest?
La West Wing è l’area della Casa Bianca dove lavorano quotidianamente il Presidente ed il suo staff. Un gruppo molto ramificato di persone che si occupa di ogni minimo aspetto della vita politica, sociale ed economica e del Paese. Lì Aaron Sorkin ha scelto di ambientare una serie che oggi può apparire forse leggermente invecchiata ma che nella struttura, negli sviluppi drammatici, nei dialoghi e nella regia resta un magnifico esempio di scrittura e messa in scena.
I protagonisti
Tutto ruota attorno al presidente Josiah Bartlet, un gigantesco Martin Sheen, padre saggio della nazione, affetto da una malattia neurodegenerativa che in un primo momento nasconde, ma che si ritrova poi a dover ammettere. Al suo fianco la First Lady, la meravigliosa Stockard Channing (la Rizzo di Grease!). C’è anche il capo dello staff e mentore Leo McGarry, forse il personaggio più complesso e bello della serie, i suoi collaboratori più stretti Josh Leyman e Toby Ziegler e il mio idolo assoluto, la portavoce C.J. Cregg, santa protettrice degli uffici stampa, interpretata con tonnellate di classe da Allison Janney.
Perché West Wing è una serie da vedere
Il primo motivo a cui penso è che West Wing è il trionfo della bella scrittura. Se Renè Ferretti afferma con forza che la qualità, a lungo andare, rompe le scatole, Sorkin risponde con una certa tracotanza che la qualità è tutto quello che ci distingue come esseri umani. O ci stai o non ci stai.
I personaggi, nessuno escluso
Sono tutti protagonisti, anche quelli che svolgono un lavoro apparentemente poco importante. Lo sguardo di Sorkin è realistico ma benevolo. Le ombre di questo meraviglioso gruppo di persone non sono abissi riprovevoli à la House of Cards, ma semplici fragilità umane che li rendono vicini a tutti noi.
Perché le vite private dei protagonisti sono out
Sono figure pubbliche, riprese nel dietro le quinte delle loro azioni. Certo, la loro vita privata è naturalmente scombussolata dai loro ritmi lavorativi, ma non ci sono intrallazzi, flirt di bassa lega – la tensione erotica è sempre mascherata da dialoghi al fulmicotone da screwball comedy – drammi sentimentali su cui altri autori avrebbero indugiato per stagioni e stagioni. Quelle poche cose che sappiamo sulla vita privata dei personaggi sono funzionali alle loro azioni.
I dialoghi
Taglienti, emozionanti, scarni, salaci, cattivi, briosi, ironici. Metti tutti gli aggettivi positivi che vuoi per descriverli. Sorkin ama il bello scrivere e lo si capisce dagli scambi di battute dei personaggi. Divertenti e addirittura epici. Sono belli anche i loro silenzi.
Le scelte registiche
Primissimi piani, carrelli vertiginosi, lunghi walk and talk, un tipo di sequenza, marchio di fabbrica di Sorkin, ideato insieme al regista John Welles, che riprende gli attori mentre parlano e camminano. Un espediente originale per restituire l’atmosfera febbrile dei corridoi del più celebre palazzo del potere al mondo.
La sua dimensione profetica
West Wing anticipa di qualche anno l’arrivo di Barack Obama attraverso la figura di Matt Santos, primo politico di origine latinoamericana a competere per la Casa Bianca. E in più di un episodio si parla di temi caldissimi anche oggi: pillola abortiva, tutela della privacy, gender gap. Non saprei dirti se siamo più lenti noi oggi o più visionari loro nel passato.
Gli anni 2000
Pensavamo di viaggiare in città a bordo di comodi astronavi. Invece è il 2020 e ancora dobbiamo appellarci al VAR per capire se un gol è in fuorigioco. Gli anni 2000 di West Wing almeno sulla carta erano una sorta di Arcadia, un momento di altissima civiltà in cui ogni uomo aveva diritto ad un sogno, ad una sfida da accettare e vincere.
La bellezza della politica (pulita).
Il bene supremo dell’America prevale sulle diverse idee. Servire il Paese non dipende dal partito di appartenenza, ma dall’amore verso un’ideale di Nazione. L’ottimismo sfrenato che Sorkin ha nascosto sotto le amare spoglie del realismo politico e della ragion di Stato può sembrare fastidioso. A me proprio oggi pare bellissimo.
L’etica della politica
Non si escludono colpi bassi in West Wing, la politica è sempre uno sporco affare, ma la sfida il più delle volte è leale e i giudizi emessi verso chi sbaglia sono duri, esemplari. Nessuno è esente. A partire dal presidente, criticato perché ha nascosto la sua malattia (il tema è stato affrontato in un’altra serie di grande qualità, Boss).
I miei cult
Sono una burlona, adoro le battute e le scene buffe. Anzi, amo la capacità di certi autori, e Sorkin e uno di loro, di disinnescare la tragedia di alcune situazioni con un colpo di scena esilarante. In questa mia mini classifica troverai molti momenti divertenti.
Giorno del Ringraziamento, episodio 8, seconda stagione.
Come da tradizione C.J è alle prese con la scelta del tacchino da graziare per il Thanksgiving. Da vera esperta di immagine valuta la fotogenia di due esemplari depositati alla Casa Bianca sottoponendoli ai flash delle macchine fotografiche. Li salva entrambi.
Le due cattedrali, episodio 22, seconda stagione.
La seconda stagione affronta con grande pathos il tema della malattia del Presidente che deve fare i conti con la scomparsa di una delle sue più fedeli collaboratrici. Nel giorno del funerale della sua segretaria, alla vigilia della sua seconda ricandidatura, Bartlet parla con Dio nella cattedrale.
La cena di stato, episodio 7, prima stagione.
Mentre alla Casa Bianca va in scena il ricevimento in onore del presidente Indonesiano (con cui nessuno riesce a parlare per mancanza di un interprete e la soluzione fa ridere alle lacrime), un agente dell’FBI viene preso in ostaggio e ferito da un gruppo di Survivalisti asserragliati in un granaio, mentre un uragano di classe 4 mette a repentaglio la vita di un gruppo di militari a bordo di una portaerei.
Nell’emozionante finale dell’episodio, il Presidente, in evidente crisi, ottiene un collegamento di fortuna con il marconista della nave. Parla con quel ragazzo gli dice la First Lady. Bartlett tiene compagnia a quel ragazzo si presume fino ai suoi ultimi momenti di vita.
Silenzio radio, episodio 6, terza stagione
Un sommergibile americano è finito nelle acque nord coreane e da qualche tempo non dà più segnali. Il Presidente è comprensibilmente preoccupato e riceve la visita dell’Assistente Segretario di Stato, Albie Duncan, un signore incline alla prosopopea e molto prolisso. Pur preso in “gestione” da McGarry negli attimi angoscianti dell’attesa di notizie dai militari, Duncan non smette di parlare. Fino a provocare la spassosa reazione di Bartlet.
Eppur si muove, episodio 16, quinta stagione
Sesame Street alla Casa Bianca. Uno scandalo sta scuotendo Washington. Pare che alcuni contributi per la ricerca scientifica siano andati a una delle figlie di Bartlett. Inoltre la First Lady è tornata a lavorare, pur come volontaria, in ospedale dopo le accuse di aver “coperto” la malattia del marito. C.J. pensa di far arrivare alla Casa Bianca i pupazzi di Sesame Street per un’intervista speciale. Il momento cult, il confronto tra C.J. – appellata spesso come struzzo per la sua altezza – e Big Bird.
Nota bene: nella versione italiana dell’episodio si parla di Muppet alla Casa Bianca. La scelta dell’adattamento è stata dovuta probabilmente al fatto che in Italia Sesame Street – creato dallo stesso autore dei Muppet, Jim Henson – non ha raggiunto i livelli di notorietà dello show con Kermit e soci. Molte cose ahimè si sono perse nell’adattamento italiano: Bartlett che pronuncia che c’azzecco io è abbastanza indicativo.
Ti ho convinto ad andare su Prime Video a vedere qualche episodio di West Wing? Sono certa che una volta cominciata la visione non mollerai per un bel po’. E vedrai anche la realtà di oggi con occhi diversi. Parola di scout.
Segui Smack!
Non dimenticarti di seguire Smack! – Blogzine per donne croniche su Facebook. Metti mi piace alla nostra pagina! Iscriviti anche alla nostra Newsletter cliccando sul form in Homepage oppure qui.
Lascia un commento