Ci ho messo un bel po’ prima di decidermi a scrivere qualcosa su SanPa, la docuserie di Netflix dedicata alla comunità di recupero per tossicodipendenti fondata da Vincenzo Muccioli. Mi capita sempre quando vedo film o serie che mi emozionano nel profondo e che quindi mi piacciono molto. Ho sempre il timore di rovinare queste emozioni provando a mettere nero su bianco. Ma l’argomento è importante, la serie ancora di più e il dibattito che in questi giorni sta spopolando sui social può diventare un confronto di valore.
Premessa necessaria. Ho sempre avuto il terrore della droga. Da bambina rimasi traumatizzata da uno sceneggiato di Rai1 (Storia di Anna) che provocò incubi e crisi per molti mesi. Erano gli anni ’80 e per strada ad ogni ora del giorno potevi contare le siringhe dei tossici. Ricordo quei tempi come un’epoca spaventosa.
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Vincenzo Muccioli tra i suoi ragazzi. Fonte Netflix
SanPa, un lavoro maturo
Costruito su cinque capitoli da un’ora ciascuno – Nascita, Crescita, Fama, Declino e Caduta – la docuserie racconta la storia della comunità di Muccioli con sguardo limpido e senza facili colpi di scena. Come i droni sorvolano i campi e i capannoni di San Patrignano, la serie diretta da Cosima Spender e scritta da Gianluca Neri, Carlo Gabardini e Paolo Bernardelli, mostra dall’alto di un punto di vista inattaccabile una fase dolorosa della nostra storia recente, utilizzando materiali di repertorio tratti da cinquantuno differenti archivi.
SanPa, la storia
Negli anni ’70 e ’80 si moriva per l’eroina. Per farti un’idea della gravità della situazione ti consiglio di vedere il bellissimo Amore tossico di Claudio Caligari. La chiamavano poeticamente piaga, ma era una tragedia che coinvolgeva migliaia di famiglie. Vincenzo Muccioli, sposato, padre di due figli, decise nel 1978 di aprire una comunità di recupero in una cascina appartenente alla moglie Antonietta, chiamandola come la frazione di Coriano, vicino a Rimini, su cui si ergeva.
Cosa succedeva tra quelle mura? I ragazzi e le ragazze venivano sistemati in stanzoni e roulotte, coinvolti nel lavoro quotidiano e quindi tenuti al riparo da possibili ricadute. Che puntualmente si ripetevano, provocando fughe notturne e alterchi violenti. Il comune di Coriano non amava quella situazione, ma i tossicodipendenti continuavano a presentarsi ai cancelli della comunità a ogni ora.
San Patrignano era il suo fondatore, un omone imponente dalla battuta sempre pronta e dall’indole forte, interessato allo spiritismo.
Allora, cosa succedeva tra quelle mura?
Nell’ottobre del 1980 una ragazza raccontò alla polizia di essere stata segregata assieme ad altri compagni per oltre due settimane. Si parlava addirittura di stupri. Il velo si era squarciato e Muccioli ed altri suoi collaboratori finirono in carcere per poi tornare in comunità dopo un mese.
Quattro anni dopo iniziò il cosiddetto processo delle catene, chiamato così proprio perché uno dei punti saldi del metodo San Patrignano era quello di incatenare gli ospiti in crisi d’astinenza o problematici. Vincenzo Muccioli venne prima condannato poi assolto in appello. La sua fama crebbe a dismisura. Così come cresceva San Patrignano, assieme ai suoi problemi mai del tutto risolti.
La comunità venne funestata da una serie di suicidi e poi dal terribile omicidio di Roberto Maranzano, avvenuto nella porcilaia. Alfio Russo, capo della macelleria della comunità, venne condannato a 8 anni di carcere per omicidio preterintenzionale. Muccioli fu condannato per favoreggiamento a 8 mesi con sospensione condizionale, ma assolto dal reato di omicidio colposo. Un anno dopo, nel 1995, Muccioli morì in circostanze mai del tutto chiarite.
I volti di SanPa
Di SanPa colpisce la ricchezza dei dettagli, la profondità delle testimonianze, tutte con un’ottica ben precisa. Tra queste quella del figlio di Muccioli, Andrea, capo della comunità dal 1995 al 2011, del dottor Antonio Boschini. Di Walter Delogu, braccio destro di Muccioli e del capo ufficio stampa di San Patrignano, Fabio Cantelli. Infine quelle del cronista dell’Unità Luciano Nigro e del presentatore Red Ronnie.
Non c’è una voce fuori campo che spiega e racconta, ma la verità si mostra davanti agli occhi quasi senza intermediazioni. Sentirai dichiarazioni contrastanti su Muccioli e in nessun caso il giudizio è precostituito. Ogni punto di vista è valido e ogni testimone porta dentro di sé luci e ombre senza nascondersi. Poi, tu spettatore, valuti, scegli, studi, discuti.
Le madri e i padri
Perché una ragazza o un ragazzo decidevano di drogarsi? Non ho risposte. Di sicuro quella scelta avrebbe disintegrato le loro vite e quelle dei loro familiari. SanPa ha mostrato le madri distrutte di quei figli tossici; vecchie, disperate, angosciate. Donne che avresti voluto abbracciare e proteggere.
Ha mostrato anche la freddezza di certi padri. Enrico Maria Salerno si augurava per il figlio una dolce morte, perché non lo avrebbe mai potuto salvare. Paolo Villaggio ammise che gli schiaffi di Muccioli erano quelli che i padri progressisti non avevano saputo dare.
Forse, e dico forse perché non c’è certezza, era in quell’anaffettività, mescolata a progressismo di bassa lega, che la droga prosperava. E su quel “vuoto” Muccioli ha costruito la sua chiesa. Apparendo al mondo come il migliore degli uomini caritatevoli, eroico, familiare. Un filo megalomane ma nella sostanza, buono. Le botte? Necessarie a riportare sulla retta via chi si fosse smarrito.
In sintesi
Dunque SanPa è importantissimo per due ragioni. La prima squisitamente produttiva. La docuserie, voluta dalla 42 di Gianluca Neri, è una produzione di altissima qualità, studiata in ogni minimo dettaglio. Non c’è bisogno di fare interviste-agguato per ottenere dall’interlocutore verità rilevanti su un determinato argomento. Basta essere chiari e soprattutto aver chiaro l’obiettivo che muove la tua inchiesta.
In questo caso non era di certo stabilire se Muccioli fosse un mostro o meno, ma provare a raccontare una realtà unica nel suo genere – per impatto mediatico del suo fondatore e per le controversie – nella maniera più completa possibile. Lasciando gli spettatori liberi di formulare un pensiero e non solo un giudizio su quanto visto. Gli autori ci sono riusciti in pieno.
La seconda, etica.
Tornare a interrogarsi sul ruolo di Vincenzo Muccioli e su quella stagione disgraziata per migliaia di ragazzi aiuta a sbloccare i neuroni anche su questioni contemporanee e in generale a riflettere sui concetti di libertà e vera affettività. Volevano le montagne russe delle emozioni i produttori, ovvero cambiare di continuo idea durante la visione.
Per me non è stato così, nel senso che la mia idea su Muccioli si è ulteriormente chiarita dopo SanPa. Ma ho provato un affetto incredibile per quelle madri che vedevano spegnersi i loro figli senza poter fare nulla e per le quali Muccioli è stato un santo. Chi avrebbe mai potuto dar loro torto? E allo stesso modo ho provato fastidio davanti a testimonianze che pur in linea con il mio pensiero, celavano qualcosa di non pulito.
Condivido con te alcune domande che mi sono fatta
La prima sul metodo San Patrignano: chi aveva stabilito che quella delle botte e delle catene fosse una prassi terapeutica accettabile? Poteva essere considerata tale in virtù del fatto che da sempre i padri prendevano le cinghie e schiaffeggiavano i figli per farsi ubbidire?
Credi che la violenza venisse accettata, o ritenuta necessaria, perché in fondo era esercitata su rifiuti della società che proprio per questo la meritavano?
Quindi venivano recuperati davvero o no, a chi importava di loro?
In quanti hanno prosperato su San Patrignano?
Considerazioni finali
Mi sono accorta in queste ore che si ha quasi timore a esprimere un giudizio negativo su Vincenzo Muccioli. C’è una sorta di paura – o forse sarebbe meglio dire blocco – legato al fatto che in effetti abbia salvato tanti ragazzi da un destino infame. Io non amo quelle figure che si impongono, che privano di libertà, che si sostituiscono ad una scelta consapevole. Chiaro, un tossicodipendente come dice la parola stessa è già privo di libertà. Forse la vera sfida sarebbe restituirgliela daccapo.
Ho paura che Muccioli non lo abbia fatto. Ma è solo il mio pensiero.
Guarda il trailer di SanPa
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