Io non ce l’ho la sindrome da acquisto compulsivo. I saldi, il Black Friday non hanno alcun effetto su di me. Sì, certo, amo fare shopping, scovare l’ultima taglia disponibile di un maglioncino verde smeraldo a 3 euro, ma non è un’ossessione. Ti chiederai, giustamente, perché ti stia scrivendo queste parole. Mettiamola così: il mio è uno sfogo o se vuoi una lettera aperta. Io compro cose, le dimentico nel carrello della spesa e poi non le reclamo. Ho il dono di prendere un oggetto X a prezzo pienissimo, quando il giorno successivo verrà venduto con l’80% di sconto.
Se un commerciante mi fa uno sconto lo ringrazio per dodici ore di fila, benedicendo la sua progenie. Nel gioco delle parti, quando l’interesse lo consente, è del tutto naturale che un esercente faccia un piccolo regalo all’acquirente che con sprezzo del pericolo è entrato in negozio a prendere un pacco di fogli A4. Io però lo sconto non lo chiedo mai, né mercanteggio. Provo una totale fiducia verso chi ha stabilito il prezzo – e relativo ricarico – di un capo d’abbigliamento o di un prodotto hi-tech. In sintesi: mi possono fregare tutti.
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Foto di Markus Spiske su Unsplash
Sindrome da acquisto compulsivo? No grazie
Voglio scavare a fondo e cercare di capire assieme a te come mai sia vittima di questa totale assenza di interesse verso gli sconti e le offerte speciali. Sono nata in una famiglia di contrattatori nati, almeno nel ramo materno. Quando si parlava di sconti (sconticini) mia madre e mia zia erano feroci, avevano un’impostazione militare: nessun oggetto, nei limiti del consentito, avrebbe mai dovuto essere pagato a prezzo pieno. Nei giorni in cui si decideva di acquistare una serie di cose per la casa, allora, stabilivano un piano d’attacco. E non si fermavano fino a quando l’obiettivo non fosse stato raggiunto.
Proprio come raccontava Luciano De Crescenzo in Così parò Bellavista.
Prezzi quasi fissi
Dal cibo alla biancheria, dai detersivi agli alimentari: grandi quantità di tutto a prezzi scontati. Sempre. Io assistevo a quelle trattative con l’occhio di una bambina che si sentiva in imbarazzo a partecipare a quel rito. Crescendo le cose si sono fatte più complicate perché l’oggetto di quel rito ero diventata io. In una scena tipo mia madre e la commessa di turno provavano a rifilarmi una serie improponibile di gonne e camicette. Magari qualcuna era anche proponibile, via. La prima cercava lo sconto cumulativo, la seconda voleva vendere fondi di magazzino o capi a prezzi folli. Il tira e molla era così sfiancante da esaurire ogni mia cellula. Risultato? Per molti anni non ho più desiderato acquistare.
Il che è un problema
perché non è sano che un’adolescente venga privata del brivido dello shopping. Torniamo alla domanda iniziale: perché ti sto scrivendo queste parole? Perché spesso acquistare spasmodicamente fino a essere sfiniti o al contrario rinchiudersi in un ascetico distacco dal mondo hanno a che vedere con il modo in cui siamo e in cui ci sentiamo. La mia tendenza a non comprare è stata per lungo tempo una reazione ad un modus operandi familiare ben preciso. Ti consiglio di riguardare la sequenza di Ferie d’agosto in cui Ennio Fantastichini liquidava il venditore ambulante sulla spiaggia, per capire.
Ancora oggi quando entro in un negozio ci penso su tre volte prima di acquistare un capo. E quando lo compro lo custodisco gelosamente per anni perché lo devo indossare solo in un momento speciale.
Sì, la nostra psiche ha un ruolo essenziale anche in un campo umano apparentemente leggero come lo shopping. Ecco perché la sindrome da acquisto compulsivo è considerata a tutti gli effetti una dipendenza. E secondo me sarebbe da studiare anche chi, come me, fatica a lasciarsi andare completamente durante una sessione di acquisti e quindi «Ci penso un altro po’, torno la prossima volta, magari domani lo prendo, e se poi non lo metto…». Non ci sentiamo all’altezza di un piccolo premio? L’interrogativo lo lascio sospeso.
I (don’t) love shopping
Intanto però la scienza si è espressa sullo shopping selvaggio e sui suoi meccanismi. «Prima ci si sente euforici e in controllo, ma in realtà questo comportamento allevia stati di tensione e ansia. E come altre dipendenze questo disturbo sottende forme depressive. Questo fare tiene solo momentaneamente sotto controllo la tristezza. Quando l’euforia svanisce, il comportamento si reitera» ha raccontato a Radio Wellness la dottoressa Antonella Abenavoli, psicologa e psicoterapeuta.
Chiarissimo. Si compra ossessivamente perché si è tristi o si vuole placare l’ansia, ma quello che sembra un sollievo (momentaneo) diventa in poco tempo un obbligo a ripetere l’azione. Morale della favola: puoi comprare o non comprare, fai tutto quello che senti e desideri. Purché tu stia bene e l’aggiungi al carrello non sia l’unico senso della tua esistenza.
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