Ricordo benissimo la volta in cui andai al cinema a vedere il film di Stephen Chbosky, Wonder. Passai la mezz’ora finale in lacrime. Lacrime di tenerezza, gioia e orgoglio, ma sempre lacrime. Se non lo hai ancora visto ti consiglio di farlo. Tratto dal romanzo di R.J. Palacio, Wonder racconta la storia di Auggie, un bambino di 11 anni che ha una malformazione al viso e per questo viene preso di mira da bulli di ogni genere. Durante una lezione, l’illuminato professore di lettere mostra alla classe una frase per stimolare indirettamente una riflessione sulla situazione del ragazzino: «Quando ti viene data la possibilità di scegliere se avere ragione o essere gentile, scegli di essere gentile». Saltai sulla sedia e mi sentii invasa da una forza enorme. Scegli di essere gentile. Mi sembra un buon modo per parlarti della Giornata mondiale della gentilezza.
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La gentilezza vista dalle Nazioni Unite
Giornata mondiale della gentilezza: sì, grazie
«Scegli di essere gentile» vuol dire tante cose importanti. La prima è che la scelta di essere gentile spetta a te e che trattandosi di una scelta puoi liberamente indirizzarti verso una strada rispetto ad un’altra. La seconda è che essere gentile è qualcosa che ti ripaga sulla lunga distanza, è come un seme che una volta piantato nella terra darà fiori e frutti. Appaga il tuo cuore e ti fa sentire bene. Lo so questo mondo non è fatto per le persone gentili, ma al solito: applica il metodo dal piccolo al grande.
Comincia tu in piccolo ad essere gentile e contagerai chi è al tuo fianco. E se la persona al tuo fianco contagerà altri esseri umani si può creare una bella fetta di mondo gentile.
Che poi è il motivo per cui è nata la giornata mondiale della gentilezza.
Il merito va dato allo Japan Small Kindness Movement, un gruppo fondato nel 1963 a partire dagli ideali del rettore dell’Università di Tokyo, Seiji Kaya. Durante un discorso rivolto ai neolaureati, Kaya invitava gli studenti ad essere coraggiosi abbastanza da creare tanti piccoli atti di gentilezza che avrebbero, giorno dopo giorno, travolto l’intera società.
La Seconda Guerra Mondiale era finita da neanche 20 anni. Per la cronaca il Giappone uscì tra gli sconfitti, e nella maniera che sappiamo. Eppure, quell’uomo, responsabile della formazione culturale delle generazioni a venire, scelse di scommettere su una caratteristica umana unica.
Cosa vuol dire essere gentili?
Vuol dire decidere di vivere la propria vita all’insegna del dialogo costante, del confronto arricchente. E vuol dire anche sapere di non avere sempre ragione, lasciando una porta aperta alle idee dell’altro, che possono anche essere contrarie alle nostre, ma non per questo sono meno importanti. Quindi se una persona è palesemente feroce nei miei riguardi devo porgere l’altra guancia? Giammai. Come si può mollare il punto davanti a persone violente; quello non è essere gentili è arrendersi alla prepotenza. Essere gentili significa combattere quella violenza con intelligenza, rifiutandola, opponendo ad essa la forza serena del fiume che scorre verso il mare.
Difficile?
Sì, tantissimo. Perché il più delle volte avremmo voglia di dare una risposta esemplare, di quelle che non si dimenticano, argute, cattive. Funzionano e lo so per certo. Ma pensiamo sempre alla lunga distanza. Non è un caso che la giornata mondiale della gentilezza sia nata in una nazione che ha pagato un prezzo altissimo con Hiroshima e Nagasaki. Credo sia sano seguire questo filo.
La gentilezza è la buona educazione?
Non solo. Alzarsi sul bus per cedere il proprio posto ad una signora, salutare con un sorriso un vicino di casa, aiutare una persona in difficoltà sono parti essenziali dell’essere gentili, ma deve esserci qualcosa di più grande oltre a questi piccoli bellissimi gesti. Ed è quello che definisco la lunga distanza ovvero diventare un esempio contagioso di umanità e affettività.
Alleniamoci alla gentilezza
Secondo un’intervista rilasciata a Radio Wellness dalla dottoressa Anna Maria Palma, Professional Counselor, Emotionally Intelligence Executive Coach, possiamo allenare la nostra gentilezza, lavorando su di noi, a partire dal nostro piccolo mondo. Ecco come:
- Scegliamo parole gentili, verso gli altri e soprattutto verso noi stessi. Noi per primi dobbiamo trattarci con gentilezza per sapere davvero cosa vogliamo e cosa no.
- Ascoltiamo gli altri sempre. Non dobbiamo presumere di avere sempre ragione. Questa presunzione si tramuta il più delle volte in chiusura. E chiudere vuol dire isolarsi.
- Pensiamo pensieri giusti, ovvero eliminiamo tutto quello che è superfluo e che non è nelle nostre possibilità, ma concentriamoci su quello che possiamo in effetti fare. Sentirsi travolti dal caos legato alla pandemia è più che naturale, ma rischia di esaurirci. Cosa possiamo fare allora? Indossare le mascherine sempre, disinfettare le mani, restare a distanza di sicurezza. Essere gentili come rispetto e come lavoro in prima persona.
- Teniamo conto delle nostre emozioni. Se qualcuno ci ha ferito e stiamo male è più che normale. Lo stare male è legato ad una piccola-grande violenza dell’altro. Diamo ascolto a questo sentire senza lasciarci travolgere da esso.
- Agiamo. La teoria senza pratica è poca cosa, esprimiamo con gentilezza il nostro disappunto, travolgiamo gli altri di gentilezza, facciamo tutto quello che serve per stare bene e per non nuocere ad altri esseri umani. Perché siamo tutti parte della stessa umanità.
Buona giornata mondiale della gentilezza.
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