Vogliamo chiamarla provocazione? Sì potrebbe anche funzionare. Tuttavia il nuovo progetto del genovese Studio Rebigo va oltre e ci costringe a fare i conti con il lato oscuro della nostra società. Quello che c’era una volta, questo il titolo del libro, rilegge le fiabe della nostra tradizione alla luce dei cambiamenti climatici. E il risultato è davvero notevole, in certi punti anche molto commovente. «Il progetto è nato un anno fa, da un po’ avevamo parlato di problematiche legate al clima. Da illustratori ci siamo chiesti: se il clima cambia quale storie lasceremo in eredità alle generazioni future? » mi ha raccontato l’autrice e illustratrice Silvia Venturi.
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Quello che c’era una volta
Silvia Venturi, proteggiamo la fantasia
Cappuccetto rosso riesce ad arrivare a casa della nonna in pochi minuti perché non ci sono più alberi nel bosco. Geppetto non lavora più il legno, ma il suo Pinocchio è fatto con rifiuti di metallo. Tarzan? Non ha più liane per spostarsi da un lato all’altro della giungla. Quello autoprodotto da Studio Rebigo è un progetto allegramente catastrofica, ma rischia di essere vero. «Nel libro ci sono dei dati scientifici esposti come infografiche grazie al giornalista Francesco Martinelli e certificano cambiamenti già in atto. Le nostre storie quindi sono un’estremizzazione di una verità che sta comunque iniziando a mostrarsi» ha continuato Silvia Venturi.
Se vuoi sostenere Studio Rebigo hai ancora qualche giorno di tempo, basta cliccare qui. Per ascoltare l’intervista completa a Silvia Venturi non devi fare altro che premere play.
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Dueminutiescendo
Hai presente quando ti citofona qualcuno, dici “Due minuti e scendo!” e poi i minuti diventano sempre 485?
Mi sono chiesta cosa succeda in questa specie di comfort zone continuamente disattesa.
Io non sono una ritardataria, anzi, ma sono una pensatrice e credimi, ci sono delle volte in cui comincio a perdermi nelle mie riflessioni. Quindi a volte è capitato di dover andare ad un appuntamento e di fare tremila cose prima di uscire dalla porta.
Questi due minuti, che poi due minuti non sono, diventano il tempo di un racconto o di un’intervista sul mondo femminile (e non solo).
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