Che rapporto hai con la tua voce? La domanda può sembrarti strana, ma in realtà ha delle implicazioni profonde. La nostra voce racchiude una parte importante – se non essenziale – della nostra identità. È attraverso di essa che esprimiamo i nostri pensieri, che comunichiamo con il prossimo. La nostra voce diventa melodia, calma la rabbia o il dolore, è un megafono potente.
Quando si parla di voce poi ci si riferisce non soltanto al suono emesso dalle nostre corde vocali, ma anche al modo in cui questo suono arriva alle nostre orecchie. Ecco quindi il senso dell’interrogativo iniziale. Parlare del rapporto con la tua voce è parlare di te nel profondo.
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Foto di Jason Rosewell su Unsplash
Voce mia voce mia…
Lavoro con la voce dal 2000, da quando cioè ho iniziato a fare la giornalista in radio. E i complimenti sono sempre arrivati numerosi. Provocando in me reazioni spesso contrastate, perché l’autostima non è mai stata il mio forte. Dunque, ogni commento positivo diventava sempre un «Certo, come no?». Fino ad arrivare ad un momento di assoluto delirio (ma erano tempi difficilissimi per me, credimi) in cui pensavo che fare un omaggio alla mia voce mettesse in secondo piano quello che dicevo.
Te lo spiego perché sembra una cosa folle: avrei potuto anche recitare l’elenco del telefono e nessuno se ne sarebbe accorto e questo mi faceva imbestialire, perché per me era importante che venissero ascoltate le mie parole.
Delirio, appunto
Legato ad un’autostima non eccelsa. Perché in fondo di chi era la voce, se non mia? In genere la nostra voce non ci piace. Ed è una cosa normale. C’è una spiegazione fisica complicatissima per questa cosa che proverò a sintetizzarti. Le voci degli altri attraversano solo l’aria per arrivare alle nostre orecchie.
La nostra, invece, deve passare altri filtri: le ossa e i muscoli, la laringe, la coclea, quella chiocciolina che è nell’orecchio e che porta le vibrazioni al cervello affinché possano diventare suoni. Automaticamente ci appare meno pulita e piacevole da ascoltare.
Lo stesso vale per la voce registrata
Il registratore cambia sensibilmente la voce perché deve decifrarla e trasformarla da onde sonore meccano-elastiche in onde elettromagnetiche (e viceversa quando si passa all’ascolto). C’è quindi sempre un cambiamento, pur minimo, che ci impedisce di riconoscere quei suoni come nostri. Secondo un’interessante ricerca del 1966 dalla registrazione ci accorgiamo di sfumature emotive – rabbia, delusione, tristezza – che avremmo voluto non conoscere.
Capisci quante cose sono in gioco?
A questo aggiungi il fatto che la voce umana subisca delle trasformazioni fisiologiche durante la vita. La voce di un ragazzo scende di circa un’ottava entro i sedici anni, quella femminile di circa due toni entro il quindicesimo anno. Inoltre, per le donne ci sono altri fattori che intervengono sulla qualità vocale: durante la gravidanza, ad esempio, il tono diminuisce momentaneamente. Si abbassa sensibilmente, invece, dopo la menopausa.
E i fattori psicologici?
Certo, non possiamo dimenticarli. Perché il nostro tono dice un sacco di noi a livello più o meno inconscio. Così come dice un sacco di noi il modo in cui respiriamo mentre parliamo, il grado di calore della voce, la capacità di articolare le parole, la velocità nell’espressione.
In sintesi
Quando dici che non ti piace la tua voce stai affermando una verità parziale, cioè in parte vera, in parte frutto di un pensiero distorto. Quindi non esistono voci brutte ma solo non educate e se si parla di educazione si può fare tantissimo per migliorare. E di questo parleremo più avanti.
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