Chi mi conosce bene sa che per farmi felice basta un biglietto aereo o ferroviario verso una nuova meta da scoprire o una particolarmente amata da approfondire (Londra, New York, la Grecia…). Alla parola viaggio il mio corpo produce delle endorfine, rendendomi l’essere più eccitato e felice dell’universo conosciuto e non. Detto questo, dunque, è chiaro che l’immobilità vissuta in questo periodo ha prodotto in me uno stato di malinconia, quasi una crisi di astinenza da aeroporto. Mi sono resa conto che la situazione mi stava sfuggendo di mano quando ho iniziato a programmare un viaggio per la prossima primavera, spulciando con soddisfazione alberghi e possibili voli.
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Uno scorcio di Corfù. Foto di Major Wave su Unsplash
Grecia, tra mare, Ouzo e Retsina
Ecco, questa è la condizione in cui mi trovo e, non potendo fare altro, almeno per ora, la mia mente ha iniziato a ripercorrere i punti salienti dei viaggi fatti in questi anni. Passo dopo passo, però, riavvolgendo il nastro verso il passato, è riaffiorato il ricordo di un’avventura che sembrava un po’ sbiadita, quasi dimenticata rispetto ad altre più recenti. Sto parlando del primo viaggio in assoluto. Quello organizzato nell’estate della maturità con gli amici. Il primo senza la presenza ingombrante dei genitori e che, per gran parte di noi quarantenni, ha segnato l’inizio di un muovo periodo in cui ci siamo sentito adulti senza ancora esserlo veramente. E quale meta migliore della Grecia per testare la nuova libertà acquisita?
Cultura (e natura)
Fughiamo qualsiasi possibile dubbio. Il primo viaggio da soli in Grecia non aveva nessuna motivazione culturale, nemmeno per chi, come me, veniva da cinque intensi anni di liceo classico. A dimostrarlo è la meta scelta, ossia Corfù. Per chi non lo sapesse si trattava di una delle isole greche più gettonate dal turismo giovanile. E garantiva la perfetta proporzione tra mare e divertimento.
Inutile dire che questi due elementi l’hanno resa una meta più appetibile di Atene, Olimpia e Delfi. Per i giri culturali e il Partenone ci sarebbe stato spazio negli anni successivi. Sì insomma quando le mie derive all’Alberto Angela avrebbero preso il sopravvento sull’anima festaiola di una quasi ex adolescente.
Per questo motivo, dunque, posso dire con sicurezza che quella vacanza in Grecia fu caratterizzata da lunghe giornate passate in acqua. E altrettante inesauribili serate trascorse tra balli, Ouzu e fiumi di Retsina, un vinello bianco locale fresco e traditore.
Grazie al suo consumo ho sperimentato la mia prima sbronza allegra. Una sbronza che ha prodotto molte irrefrenabili risate ed i versi di una canzoncina dedicata ad una timida compagna di viaggio. Be’ il giorno dopo ho provveduto a chiederle scusa. Rammarico che rinnovo ancora oggi, ovunque lei sia
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Il primo viaggio verso la scoperta di sé
Al di là del luogo scelto e della compagnia che ci circonda, però, il primo viaggio con gli amici ha un sapore iniziatico che va ben oltre gli inevitabili contrattempi causati dall’età. Nel momento in cui lo compiamo non ce ne rendiamo conto ma, successivamente, comprendiamo come quel momento irripetibile abbia avuto il potere di metterci a confronto con noi stessi, pregi e limiti compresi. Si tratta del primo vero test psicologico e caratteriale di fronte al quale la vita ci pone. E non sarà certo l’unico.
Oggi, a posteriori, ripensando a quel primo viaggio in Grecia mi rivedo come una ragazza trasportata da una sana voglia di divertirsi ma anche con una gestione molto pragmatica della sua libertà. Da quella vacanza non ho riportato ” effetti collaterali” o danni eccessivi.
Sarà che non ho mai sentito di dover sballare e perdere l’equilibrio per divertirmi anche alla tenera età di diciannove anni. Di contro ho capito di non aver timore del nuovo e della scoperta, elemento, quest’ultimo, che mi accompagna ancora oggi in ogni viaggio.
Per quanto mi riguarda, in quel primo viaggio in Grecia, il concetto di libertà è andato ben oltre la possibilità di sfuggire il veto o le decisioni genitoriali. In quell’agosto caldissimo ho sperimentato una leggerezza mentale e fisica quasi primordiale che ho espresso nell’andare spesso a piedi nudi, nell’esposizione naturale del mio corpo e delle sue nudità senza alcuna motivazione erotica/seduttiva e nella conoscenza di mondi sconosciuti attraverso lo sguardo, i rumori e il gusto che, forse, più di ogni cosa racconta molto di noi e di chi abbiamo di fronte.
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