Ebbene si. Lo confesso. Quest’anno anche io ho ceduto al lato oscuro della forza e mi sono lasciata andare alla visione di Temptation Island. Non so come sia accaduto. Forse é stato a causa di questa estate così insolita, della pandemia, del caldo torrido, degli effetti collaterali da quarantena e non escludo nemmeno una compartecipazione del buco dell’ozono. Sta di fatto che, nonostante non frequenti i reality causa veloce sopraggiungere di noia e un pizzico di spocchia culturale (lo ammetto), questa volta mi sono lasciata attrarre dalle sorti delle sei coppie in gioco o, come dice il conduttore, dal loro viaggio nei sentimenti.
E dopo un paio di puntate, sono giunta ad una conclusione. Posto che molte situazioni vengono pilotate o, in qualche modo, definite a tavolino perché deve pur succedere qualche cosa, Temptation Island ha un quid in più che manca ad altri format: si tratta dell’immedesimazione.
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Temptation Island o dell’immedesimazione
Tutti noi siamo state al centro di un piccolo o grande dramma d’amore basato sulla gelosia, il tradimento e la mancanza di rispetto. Certo, magari come sfondo non abbiamo avuto un resort e il cristallino mare della Sardegna di fronte al quale meditare assorte sulle sorti della nostra relazione, ma si tratta solo di dettagli.
Tutte inoltre, abbiamo stretto relazioni con uomini “sbagliati”, inadeguati al nostro passo o, semplicemente, siamo rimaste ottusamente attaccate ad una relazione giunta al capolinea per abitudine o per paura della solitudine.
Ecco, considerati proprio gli errori fatti e la possibilità che, in alcuni casi, possano essere ripetuti, per me Temptation Island ha assunto quasi un valore sociologico, evidenziando almeno due modelli maschili da evitare se si desidera mantenere la propria salute mentale e il rispetto di se stesse. Per carità, nulla di stravolgente o innovativo, ma serve comunque a ricordare e ripetere come un mantra salvifico.
Temptation Island e il manipolatore aggressivo/passivo
Al primo posto della mia brevissima classifica post Temptation Island si colloca proprio il manipolatore aggressivo/passivo. Si tratta di un modello maschile classico, che si incontra in tutte le stagioni ed ha la capacità, almeno nei primi momenti, di andare bene su tutto. Insomma un vero e proprio ever green di cui è opportuno sbarazzarsi velocemente come un abito acquistato incautamente senza nemmeno provarlo e, una volta portato a casa, scopriamo che non ci vestirà mai bene.
Individuarlo è molto semplice.
Qualunque passo falso, tradimento o assenza sarà sempre imputabile al comportamento di una ignara compagna che, almeno per le prime volte, passerà non poche notti insonni a rivedere le proprie azioni al VAR per identificare il momento esatto in cui ha sbagliato, causando l’inevitabile reazione del proprio compagno.
Fate bene attenzione, però, perché Il procedimento non è inverso.
Temptation Island lo ha evidenziato chiaramente, nel caso in cui ci fossero stati ancora dei dubbi in proposito. Questo vuol dire che se la presunta compagna si allontana o mostra altri interessi dopo aver raggiunto il culmine della sopportazione, immediatamente viene attaccata. E, nemmeno a dirlo, collocata nell’eterno e, a questo punto, molto numeroso e ben frequentato gruppo delle poco di buono.
La trasmissione, però, è riuscita ad andare ben oltre, mettendo in evidenza un altro elemento di questo modello da evitare. Si tratta di una sorta di rigurgito maschilista dal retrogusto egoista. In definitiva, per il manipolatore la donna serve soprattutto a riempire i suoi spazi vuoti. E a facilitargli l’esistenza quando proprio non ha nulla da fare.
Perché, come è stato ampiamente chiarito dalla voce di un concorrente: una donna serve sempre, soprattutto per spremere i limoni da bere la mattina. Ecco, nel caso in cui si incappi in questa tipologia, il consiglio è di regalargli un bell’albero d’agrumi e poi scappare ad alta velocità come Beep Beep difronte a Will il coyote.
Temptation Island e i fratelli di Peter Pan
L’ultima edizione di Temptation Island non si è fatta mancare nulla, tanto meno il modello maschile per eccellenza, quello che unisce gran parte di una generazione, come quella dei quarantenni, ma che non fa difetto nemmeno nelle altre fasce di età. Ovviamente stiamo parlando dell’immancabile uomo Peter Pan, quello che, nonostante la sciatica e l’osteoporosi, proprio non si decide a crescere. Nei loro confronti, però, bisogna fare una certa attenzione, perché l’identificazione potrebbe non essere sempre immediata. All’inizio appaiono come l’anima della festa, ridanciani e sempre pronti all’avventura ma, con il tempo, la situazione cambia.
Con il passare dei mesi, infatti, accompagnarsi con un giullare di corte potrebbe risultare portatore di noia. Tanto da trasformare i sorrisi iniziali in uno spasmo nervoso. Nulla rispetto a quando ci si renderà conto di avere accanto non un uomo ma un eterno bambino distratto, capriccioso, volubile e tendenzialmente infedele.
A quel punto cosa sarebbe più opportuno fare? In questo caso molto dipende dall’attitudine personale. Se, infatti, si ha una chiara propensione materna, si può tentare di educarlo e accudirlo, sperando in una crescita improvvisa. Il rischio, però, è altissimo. Si potrebbe letteralmente invecchiare in attesa che il miracolo avvenga. L’alternativa è, anche in questo caso, la fuga dopo essersi salutati con cortesia e grazia, perché l’uomo Peter Pan non è cattivo, è che lo disegnano così.
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