Fermarsi è importante quasi quanto ripartire per andare avanti. E oggi te lo voglio raccontare in un podcast speciale. Da cosa è stato ispirato? Da una giornata di melma, così brutta, sotto ogni profilo, da avermi fatto pensare per qualche minuto di essere la persona più sfortunata sulla faccia della Terra. Naturalmente non è così, ma di certo quando le cose negative si sommano la tentazione di pensare a sé stessi come Calimero è forte, fortissima.
Non sono per l’approccio pratico da positivisti delle disgrazie: se mi girano le scatole va bene anche sguazzare un po’ nel proprio dolore. La mia è una scuola di pensiero a sé. Sono convinta che qualcosa di buono esca sempre fuori, anche dalle situazioni compromesse.
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Foto di Jose Aragones su Unsplash
Fermarsi, stop and go
Sì, è arrivata anche stavolta la notizia che nessun professionista vorrebbe mai sentirsi dire che per sua natura è pronto ad accettare: il lavoro si prende una lunga pausa. Pioggia. Titoli di coda. Però poi per fortuna arriva anche la soluzione, parziale, a quel momento di tristezza cosmica: fermarsi
Stare fermi per curare le ferite, per notare quei piccoli dettagli che erano sfuggiti. Così lasci correre tutti. Fermarsi non vuol dire perdere tempo, ma prendersi tempo per capire quale potrà essere la mossa successiva. Sempre che una mossa sia necessaria, ovvio.
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Dueminutiescendo
Hai presente quando ti citofona qualcuno, dici “Due minuti e scendo!” e poi i minuti diventano sempre 485?
Mi sono chiesta cosa succeda in questa specie di comfort zone continuamente disattesa.
Io non sono una ritardataria, anzi, ma sono una pensatrice e credimi, ci sono delle volte in cui comincio a perdermi nelle mie riflessioni. Quindi a volte è capitato di dover andare ad un appuntamento e di fare tremila cose prima di uscire dalla porta.
Questi due minuti, che poi due minuti non sono, diventano il tempo di un racconto o di un’intervista sul mondo femminile (e non solo).
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