Chicago, saluto di commiato alla fine del secondo mandato presidenziale. Barack Obama ha ringraziato la donna che lo ha accompagnato alla Casa Bianca, riferendosi a lei come Michel le Robinson. Ovviamente si trattava di Michelle Obama, della first lady che il mondo intero ha imparato a riconoscere tradizionalmente con il cognome di suo marito.
Con quel piccolo gesto, però, un uomo evidentemente innamorato e grato ha sottolineato l’unicità e la peculiarità di una donna che è sempre stata molto di più di una sua appendice in abiti firmati da esibire durante le cerimonie ufficiali.
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Michelle Obama
Michelle Obama, la voce
E che Michelle fosse dotata di una potente voce personale è stato chiaro fin dall’inizio della campagna elettorale, quando i media avversari hanno cominciato a scagliarsi contro di lei perché, con malizia, hanno voluto interpretare la sua determinazione come aggressività. Ed ancora si è fatta sentire quando, arrivata a Washington, ha continuato a lottare per le minoranze, sostenendo il diritto all’istruzione per i figli della working class.
Perché solo attraverso il continuo e costante esercizio della cultura è possibile abbattere le barriere sociali e offrire ai singoli la possibilità di ottenere il proprio posto nel mondo liberandoli dall’invisibilità sociale.
E, per finire, sempre la sua voce ha continuato a risuonare fuori delle mura della Casa Bianca grazie al libro Becoming. Pubblicato tra il 2018 e il 2019 il memoir è diventato ora un documentario prodotto da Netflix, visibile sulla piattaforma streaming dal 6 maggio scorso.
Michelle Obama e la costante arte del divenire
Molti penseranno che si tratti del solito ritratto patinato di un personaggio famoso. E quindi che non possa avere nulla da offrire di vagamente innovativo al pubblico. In realtà, nel caso particolare di Becoming la differenza non è data certo da una regia tradizionale ma dal suo soggetto.
Michelle è al centro della narrazione e con lei tutte le fasi evolutive della sua vita che l’hanno portata, ogni volta, a trasformarsi e diventare qualche cosa di diverso e inaspettato, in un costante movimento verso la scoperta di sé.
Così, seguendola attraverso il tour promozionale del libro Becoming, scopriamo il suo senso dell’ironia, la capacita naturale di avvicinarsi agli altri, il desiderio mai sopito di essere sostegno delle nuove generazioni e, in particolare, della compagine femminile.
E tutto questo ha un sapore assolutamente genuino
e non costruito perché Michelle Obama parla e agisce per esperienza personale, attinge al suo vissuto di ragazza di colore proveniente dalle zone suburbane di Chicago a cui, più di una volta, è stato sottolineato come non fosse adatta alle sue aspettative.
L’ostinazione, l’intelligenza e la consapevolezza di poter contare su questi due elementi, però, hanno fatto la differenza tanto da portare a Princeton e poi ad Harvard la pronipote di uno schiavo. Ma il suo “becoming” personale non si è arrestato a questi primi successi. Nel corso della sua vita è diventata avvocato, moglie, madre, direttore di un ospedale e, solo in ultimo, First Lady.
Ma chi è oggi Michelle Obama?
Il mondo potrebbe facilmente rispondere riconoscendola come personaggio pubblico, mentre il documentario Becoming offre il volto di una donna che, più o meno consapevolmente, è diventata fonte di ispirazione suscitando un affetto commosso nel pubblico femminile. In realtà, però, Michelle non ha idea di cosa diventerà e in cosa si trasformerà nel prossimo futuro. Quello che sa con sicurezza è quanto sia necessario procedere, continuare ad andare avanti in un costante e stimolante divenire.
Becoming, all’inizio fu il libro
Più o meno un anno fa, aggirandomi tra gli scaffali di una Feltrinelli International nel centro di Roma, ho preso tra le mani l’edizione in lingua originale di Becoming. Leggendo le prime righe sono rimasta colpita da un concetto espresso da Michel Obama con assoluta chiarezza.
Non c’è nulla di più sbagliato che chiedere ad un bambino cosa vuole diventare da grande. In questo modo si da l’idea errata che l’evoluzione personale è destinata ad arrestarsi con il sopraggiungere dell’età adulta, eliminando qualsiasi possibilità di rimetterei in gioco.
Queste poche parole iniziali mi hanno subito conquistata. Hanno offerto al mio animo inquieto un lasciapassare importante per continuare ad interrogarmi. Per ricercare un appagamento che muta con lo scorrere del tempo.
Procedendo con la lettura, poi, non sono stata certo delusa.
Anzi, ho scoperto una donna con innegabili doti da narratrice. Una scrittrice che non ha avuto timore di appannare la sua immagine vincente, raccontando le ombre, le incertezze e le inevitabili cadute della vita. Il libro, ovviamente, è il luogo più adatto ad approfondire questi aspetti perché non deve fare i conti con la sintesi richiesta ad un prodotto cinematografico.
Qui Michelle Obama diventa specchio e riflesso di tutte le donne. Lo è quando racconta le aspettative della sua famiglia, quando si impegna senza esitazione per raggiungere i suoi scopi personali ma, ancora di più, lo diventa quando si addentra nel racconto più personale della sua vita.
L’incontro con Barack la mette di fronte alla necessita di indagare per cercare una forte voce personale. La nascite delle figlie le fa affrontare una depressione post partum. Una situazione che la porta a rinunciare momentaneamente ad una parte di sé e delle proprie aspirazioni.
Ma Michelle non si ferma qui. Continua nel racconto dei suoi anni senza nascondere la crisi con un uomo molto amato ma spesso assente, ancora prima di arrivare alla Casa Bianca. Una crisi risolta tornando ad essere unica responsabile della propria realizzazione. Perché, a sua spese, Michelle comprende che non si può delegare a nessuno la propria felicita. Una lezione, questa, che ogni donna dovrebbe sempre tenere bene in mente.
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