La missione di oggi è di quelle difficili. Non dico impossibili perché se si fa un po’ di silenzio le parole giuste si trovano sempre. Tuttavia, non credo di svelarti un segreto dicendoti che parlare di Franca Valeri sia un compito quanto mai arduo. Nella mia testa, assieme a Monica Vitti, è sempre stata la più grande. Non è un caso che ti parli di due figure femminili uniche: ironiche, intelligenti, bellissime, piene di fascino. Quel genere di donne con cui parlare ore.
Questa sera Franca Valeri riceverà il David speciale alla carriera, un riconoscimento necessario (non a lei, ma a tutti noi per capire quanto sia immensa) per un’artista raffinata, completa. Dunque, nell’edizione più “assurda” della consegna dei premi del cinema italiano, condotta da Carlo Conti con tutti gli ospiti collegati in remoto da casa, a causa dell’emergenza Covid, la statuetta più importante va ad un’attrice che ha reso grandi tutti i personaggi che ha creato. Interprete, insomma, ma anche autrice. Perché, come ha scritto nella sua autobiografia per Einaudi, Bugiarda no, reticente, «La comicità è un lavoro di cervello».
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Franca Valeri, o cara!
Nella motivazione del premio – per la cronaca, Franca Valeri non è mai stata nominata ai David – si rende merito al talento di un’artista che ha «letteralmente rivoluzionato la comicità e l’immagine femminile dal secondo Dopoguerra». Verità, pura verità. Nata a Milano nel 1920 – il 31 luglio compirà 100 anni – Franca è stata una delle stelle delle teatro moderno nella compagnia del Teatro dei Gobbi assieme ad Alberto Bonucci prima e Luciano Salce poi e a quello che sarebbe diventato il suo compagno, Vittorio Caprioli. Il loro era uno stile unico, senza costumi o scenografie elaborate: solo lettura ironica della realtà.
Il cinema
Franca Valeri ha usato l’esperienza teatrale per rappresentare al meglio vizi e virtù degli esseri umani, portando anche sul set questa sua caratteristica. E il cinema, in pieno Boom, l’ha amata alla follia, esaltandone le doti da caratterista. I ruoli più belli? Quelli della ricca annoiata – meravigliosa la Giulia Sofia di Totò a colori – o della perfida capitalista. In una parola, Elvira Almiraghi di Il vedovo di Dino Risi.
Ma è stata ineccepibile anche come ragazza piena di sogni a caccia dell’amore vero. Qui Franca Valeri giocava benissimo con la sua fisicità, contrapponendola ironicamente alla prorompenza delle maggiorate. La Cesira di Il segno di Venere, sempre diretto da Dino Risi è una protagonista vivace e un po’ rigida in un mondo di uomini all’antica e di donne burrose. Il primo piano finale vale da solo tutto il film.

Il segno di Venere
Charmante, elegante, spassosa
Un’aliena in un mondo di maleducati, insomma, perfetta anche nei panni di personaggi spigolosi e poco edificanti. Anche quando prendeva in giro certe signore romane dalle pettinature improbabili e dall’eloquio pigro. Fidati di me: nella mia vita avrò incontrato almeno una decina di sore Cecioni, sempre al telefono con mammà. Indolenti e strascicate, pettegole ma sotto sotto buone.
Franca Valeri ha ancora classe da vendere e lo dimostra una carriera in cui non ha avuto paura di spaziare a tutto campo. Dagli spot televisivi, agli sceneggiati e sitcom per Rai e Mediaset, senza dimenticare libri e la regia di opere liriche.
Perciò oggi festeggiamo a dovere questa signora dello spettacolo italiano e impariamo da lei a essere vitali. Nella testa e nel cuore.
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