Nella mia famiglia la parola sesso non ha mai creato particolari problemi. Anzi, a dirla tutta, è stata utilizzata dalle donne del mio clan con assoluta disinvoltura e opportunità senza alcun sottinteso peccaminoso. In sostanza, mia madre, e ancora prima mia nonna, hanno sempre sostenuto il concetto di normalità del sesso, di elemento naturale e complementare nelle vite di ogni essere umano. Quindi perché vergognarsi, nasconderlo come l’aspetto oscuro da negare o, peggio ancora, caricarlo di un significato morale che non ha? Per tutti questi motivi, dunque, quando mi sono trovata a sfogliare le pagine de Il capitale sessuale di Eva Illouz e Dana Kaplan (Castelvecchi) sono rimasta un po’ perplessa di fronte all’interpretazione economica della materia, considerato dalle due sociologhe come un capitale, ossia una risorsa che, al pari di quella monetaria, non è sempre distribuita in modo uniforme.
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Il capitale sessuale di Eva Illouz e Dana Kaplan
Il capitale sessuale
Sono cresciuta, insomma, considerando la sessualità come un elemento che, gradualmente, avrebbe fatto parte della mia vita. E da cui, possibilmente, avrei dovuto trarne anche una dovuta soddisfazione. Ovviamente non sono così naïve da non sapere che il sesso e il suo utilizzo sapiente può offrire dei vantaggi in diverse circostanze socio – storiche. Tuttavia, forse a causa, dell’educazione sessuale e sentimentale ricevuta, ho faticato un po’ ad entrare nella visione didattica ed economica della materia.
In Il capitale sessuale la Illouz e la Kaplan partono da una contrapposizione fondamentale che ha, in modo particolare, caratterizzato la morale e la cultura della società fino alla così detta rivoluzione sessuale.
In breve, il sesso buono è quello matrimoniale, mentre quello cattivo è praticato nella clandestinità. Soprattutto, facendo uso e consumo della prostituzione. Partendo dal presupposto che lo sfruttamento sessuale è condannabile senza possibilità di appello, ho deciso di concentrarmi sul concetto di sesso buono.
Sesso buono vs. Sesso cattivo
Abbiamo detto che alla base c’è la santificazione ottenuta con il matrimonio, ma non solo. Altro elemento fondamentale è la verginità della donna. Considerata da questo modello desueto come una creatura per sua natura frigida e poco incline alla sessualità. Inutile dire che ci siamo allontanati anni luce da questa interpretazione angelicata e poco realistica della donna.
Devo dire che confrontarmi con la passata obbligatorietà al mantenimento della verginità e al silenzio sessuale imposto alle generazioni passate di molte donne, mi ha portato a riflettere su uno dei vantaggi sociali del nostro tempo.
Sto parlando della possibilità di scelta. Oggi siamo libere di fare sesso e di non farlo. Possiamo scegliere una conduzione più disinibita della nostra intimità oppure di mantenere la propria purezza, senza dimenticare quell’immenso mare di sfumature che si trovano tra i due opposti.
Più di tutto, però, abbiamo guadagnato il diritto a non tacere, destreggiandoci tra le parole del sesso per raccontare la nostra natura gaudente e tutt’altro che frigida. Bisogna, però, non dare per scontata questa libertà ma difenderla. Perché tutti, senza diversità, di genere possano esprimerla.
Il capitale sessuale, da Marx ai sex toys
Che cosa c’entra il severo Karl Marx con il sesso e il suo impatto sulla nostra società? Secondo Eva Illouz e Dana Kaplan bisogna proprio partire dalle sue teorie economiche esposte ne Il Capitale per iniziare a costruire un concetto di Capitale sessuale. Da qui, poi, si inizia ad analizzare la consuetudine della società capitalistica di sfruttare la produttività del lavoratore e i suoi tentativi di incentivarla.
Ford e il sesso
Ed ecco che il sesso entra negli ingranaggi dell’economia. Per capire il processo dobbiamo andare a disturbare niente meno che Henry Ford, ossia l’inventore dell’utilitaria e della catena di montaggio. Secondo lui la produttività va di pari passo anche con la soddisfazione sessuale dei suoi operai. È così che un aspetto puramente personale entra per la prima volta negli ingranaggi industriali, mostrando un rapporto naturale, quasi simbiotico tra appagamento sessuale e serenità personale.
Un binomio quasi scontato. Siamo onesti, se la nostra sfera sessuale è appagata e ben nutrita, lo sguardo che posiamo sul mondo è molto diverso. Sicuramente più benevolo e rasserenato. E questo, udite udite, vale sia per gli uomini che per le donne.
Certo Ford, non avrebbe mai immaginato che, alcuni anni dopo la sua teoria, il sesso sarebbe diventato un prodotto industriale grazie alla creazione e all’uso dei così detti sex toys, oggetti dal design esplicito o più sofisticato che, ormai, stanno entrando nelle case di molte coppie e single.
Insomma, il sesso fattura ed è diventata una voce economica importante oltre a costruire un potere personale il cui impatto varia a seconda delle classi sociali e il livello culturale.
Nonostante tutte queste teorie, però, destreggiandomi tra le pagine di Il capitale sessuale e i ragionamenti economici forse troppo definiti e rigidi per una materia così variabile, ho rafforzato una mia opinione: il sesso definisce il nostro privato ma non ci qualifica socialmente. Anzi, non deve. Almeno non nella mia interpretazione naturale della materia.
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