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Nora Ephron, quando l’ironia fa rima con disobbedienza

Sapete qual è il momento più difficile quando si deve scrivere di un personaggio? Sicuramente l’ostacolo principale è trovare quella connessione unica che ti lega a lui tanto da volerlo raccontare. Nel caso di Nora Ephron per me la difficoltà è ancora più grande. E non perché sia a corto di argomenti o perché non riesca a rintracciare quel nesso che da ordine al tutto, ma perché parlare di lei è un po’ come raccontare di me, della ragazzina che ero, della donna che volevo diventare e di quella in cui mi sono trasformata.

Nora ed io ci siamo incontrate per la prima volta sul grande schermo un bel po’ di anni fa. Non specifico la data perché non è educato far dire ad una signora gli anni delle sue visioni cinematografiche. Rivelo solo che Harry aveva già incontrato Sally. Io ero poco più di una ragazzina e lei, nel caos di Katz Delicatessen a New York, mi ha svelato un grande arcano; le donne fingono l’orgasmo e gli uomini non se ne rendono conto quasi mai. Nemmeno i più furbi.

Leggi anche: Harry, ti presento Sally 30 anni di un capolavoro
Nora Ephron

We love Nora

Nora Ephron? Un mito

Il nostro ultimo incontro, invece, risale a qualche giorno fa. Chiusa in casa causa pandemia, cercavo di far passare il tempo saltando da un canale televisivo all’altro in cerca di qualche programma vagamente interessante. Quando, all’improvviso, Nora si è palesata, puntuale all’appuntamento con quel suo sguardo vivace e la sua personale visione ironica dell’amore.

E in un attimo sono nuovamente lì, nel negozio dietro l’angolo a vestire i panni della signora delle favole aspettando di ricevere un messaggio importante: C’è posta per te. Ancora una volta comprendo che una femminilità graziosa ma non bellissima va più che bene, se ci rappresenta, e che l’amore non viene annunciato attraverso il suono delle trombe degli arcangeli ma può semplicemente capitare un passo alla volta, un’imprevisto alla volta.

Leggi tutti i ritratti di Donne Disubbidienti: Jo March, Liliana Segre, Mina 

Nora e Sally siamo noi

Bene, a questo punto urge una domanda: per quale motivo considero Nora Ephron una ribelle, una rivoluzionaria? Molto semplicemente perché a lei si deve la narrazione di un amore e di un romanticismo del tutto nuova, che, privato delle poco realistiche componenti stucchevoli della rappresentazione più classica, riscalda le nostre vite ma non ci definisce come donne ed individui.

Non è un caso, infatti, che dalla sua mente sono nati personaggi come Sally. Donne, se vogliamo, comuni e quotidiane con le loro imperfezioni, strutturate, ironiche, chiuse in torri d’avorio, che impiegano trenta minuti per ordinare un sandwich, indossano biancheria con i giorni della settimana e che finiscono per incontrare un Bogart imperfetto.

Insomma, donne esattamente come noi.

Allo stesso tempo gli uomini non incarnano certo il prototipo del bello e impossibile, ma, forse proprio per questo, si insinuano più saldamente nell’immaginario. Spesso infantili, distratti e poco inclini all’introspezione, riescono a farsi amare per l’ironia e la leggerezza delle loro anime. E nell’incontro tra queste due umanità normali, Nora Ephron, non solo ci conferma che il principe azzurro non esiste, ma, soprattutto, che l’amore è imperfetto e a volte in netto ritardo.

Il problema, infatti, è che non tutti «quando capiscono di voler passare tutta la vita con qualcuno, vogliono che tutta la vita inizi subito». Tanto per dirla con le parole di Harry.

Nora Ephron, una femminista romantica

Nel corso della sua vita Nora ha sperimentato gli alti e bassi dell’amore, è passata attraverso tre matrimoni, è riuscita, dopo un debito periodo di silenzio, a riscrivere con ironia del tradimento subito da Carl Bernstein, ha ricostruito mille volte se stessa senza perdersi di vista e, soprattutto, è riuscita a cancellare i cliché di una società che, tra gli anni cinquanta e sessanta, la voleva signora e moglie. Tutto questo lungo percorso lo ha riassunto in un discorso storico e illuminante rivolto alle giovani laureate del Wellesley College.

È il 1996

e dal suo pulpito, guardando una platea di giovani volti tutti femminili, con la sua immancabile ironia Nora inizia a percorrere quel lasso di tempo che separa la sua realtà di studentessa da quella delle ragazze di fronte a lei. Il concetto è chiaro, molto è cambiato per le donne ma, probabilmente ancora non basta.

Nella realtà della giovane Nora alle ragazze non veniva chiesto di avere una professione, ma di sposarla, non era previsto che esibissero un’opinione e la cultura era solo il mezzo essenziale per essere una perfetta signora. In quello moderno il mondo del lavoro ha aperto le porte all’altra metà del cielo ma il prezzo da pagare per una carriera è ancora molto alto.

Inoltre, l’abitudine a vedere la donna esclusivamente come un veicolo di seduzione non è certo passato di moda. Per questo motivo, dal pulpito di un college e attraverso i suoi film, Nora Ephron, spinge tutte a «prenderla sul personale» soprattutto quando ci si trova ad affrontare degli atteggiamenti volti a limitare o mettere a tacere il mondo delle donne e il loro naturale diritto all’autodeterminazione.

In sostanza, diventiamo padrone delle nostre vite, rompiamo le regole e, tra una personale rivoluzione e l’altra, non dimentichiamo di innamorarci. Un giorno, poi, arriverà, il momento in cui il nostro collo ci farà impazzire, ma quello è tutto un’altra problema. Parola di Nora.

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Tiziana Morganti
Tiziana Morganti
Sono Tiziana Morganti, giornalista e ufficio stampa. Per Smack mi occupo di cinema, cultura società e dei contenuti per la pagina Facebook. Amo la moda e lo stile. Sono cultrice dei Kennedy e di storia americana. Se Alberto Angela mi chiedesse di sposarmi non direi no.


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