Il mio rapporto con L’amica geniale è fatto di amore e odio, che poi è esattamente il legame che unisce Lila a Lenù. L’amore è tutto per la lingua di Elena Ferrante, così avvolgente e profonda, capace di gettarti in un abisso o di farti gioire. L’odio – che poi odio vero non è ma solo un’antipatia spiccata – è verso l’unica e sola protagonista del romanzo, Lila. Non farti fuorviare dalla voce fuori campo di Lenù, narratrice onnisciente che tutto vede e tutto sa. Della sua sodale, dell’amore e più in generale della vita, Elena sa proprio poco. Brava a usare le parole, pienamente realizzata nella sua identità astratta, Lenù sembra solo esistere, assistere da un altro luogo a qualcosa che non riesce ad afferrare nel profondo. Così lontana dai tormenti viscerali di Lila. Si amano, si odiano (l’odio è un affetto), ma non riescono a fare a meno l’una dell’altra.
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Gaia Girace è Lila. Foto di Eduardo Castaldo
Lila e Lenù, arrivederci
Gli ultimi due episodi della seconda stagione di L’amica geniale verranno trasmessi stasera su Rai1 e chiuderanno il cerchio, per il momento, sulle due protagoniste. Che diventano finalmente adulte. E cosa vuol dire diventare adulti se non fare delle scelte e accettarne le conseguenze? Ma se la scelta che viene proposta è essere intelligenti e ammirate, ma vuote e senza molto da dire e restare nell’ordinario, pena la pazzia, il rischio di perdere tutto è altissimo.
La seconda stagione di L’amica geniale mi ha davvero conquistata, molto più della prima, dove il sentimento che prevaleva era la curiosità di vedere in carne e ossa le eroine che avevo a lungo immaginato.
La scrittura si è fatta più matura
per seguire la crescita di Lila e Lenù, e le scelte registiche più originali. Così come più incisive si sono fatte le interpretazioni delle bravissime attrici, Gaia Girace e Margherita Mazzucco, alle prese con problemi più grandi, come il rapporto col proprio corpo di donna, con l’essere madre (e figlie), con la sessualità. Lila e Lenù. Due facce della stessa medaglia? Non esattamente.
Lila è la figura più bella, detestabile, e sfaccettata del ciclo di libri e di conseguenza della serie diretta da Saverio Costanzo. Basta solo la sequenza della spiaggia in cui la signora Carracci (sic!) spiega a Lenù e a Nino la complessità di Giorni felici di Samuel Beckett per comprenderne la vera meraviglia.
Feroce e spietata, ma anche fragile e dolce.
Passa dalla tenerezza assoluta di regalare i libri di scuola a Lenù alla gratuita presa in giro dell’amica, paragonata a un pappagallo. La colpa di Lenù? Aver partecipato ad una festa a casa della sua professoressa d’italiano, discutendo di politica. Di averlo fatto parlando una lingua a lei sconosciuta. E soprattutto, a sentire i commenti acidi di Lenù, di averlo fatto senza originalità, ripetendo senza una vera comprensione tesi e pensieri di altri. Il bello (e il brutto) di Lila è che sono tutte e tre motivazioni credibili (e vere).
Lila è intelligente, capace di fare ed essere tutto quello che vorrebbe, se solo avesse la forza di ribellarsi nella maniera più giusta al destino che le hanno cucito su misura.
Già, la ribellione.
Più di una volta nei sei episodi presentati l’abbiamo vista dire NO: a suo marito Stefano, ai genitori, alla stessa Lenù e in ogni occasione ne è uscita con le ossa rotte. Non v’è traccia della sua smarginatura nella serie, forse l’elemento caratterizzante più doloroso di Lila, quel suo dissociarsi dalla realtà che la Ferrante racconta così bene nei libri e che probabilmente è intraducibile su piccolo schermo.

Gaia Girace e Margherita Mazzucco. Foto di Eduardo Castaldo
E Lenù?
Lenù è stata il personaggio con cui mi ero identificata leggendo la tetralogia della Ferrante. Buona, remissiva, molto intelligente, è la vittima ideale per la potenza manipolatrice di Lila, a cui non riesce a opporsi, nemmeno dopo il “tradimento” dell’amica che (più o meno coscientemente) seduce Sarratore.
Tutto qui? No. È chiaro che una figura come questa, paragonata all’acqua dal regista Saverio Costanzo, per la capacità di prendere forma ogni volta in maniera diversa, nasconda dentro di sé l’inferno. L’inferno è sapere di non essere così unica come la rivale. La coscienza di essere stata solo più fortunata di Lila, di aver avuto occasioni che all’amica sono state negate (ricordi le parole della maestra Oliviero?
Se uno vuole restare plebe, lui, i suoi figli, i figli dei suoi figli, non si merita niente. Lascia perdere Cerullo e pensa a te.
Se per assurdo fosse stata Lila ad andare a studiare alla Normale di Pisa, ne sarebbe diventata in breve rettore. Il problema è che in pochi l’avrebbero capita, perché Lila non è acqua che si adatta, ma fuoco che devasta e distrugge.
Un tema che verrà sviluppato nelle prossime due stagioni della serie, a partire dagli ultimi due romanzi della quadrilogia, Storia di chi fugge e di chi resta e Storia della bambina perduta. E non vedo l’ora di vederle.
La bellissima sigla di L’amica geniale: Storia del nuovo cognome
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