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Liliana Segre, la farfalla gialla sopravvissuta all’Olocausto

In questi mesi più di una volta ho avuto la tentazione di dedicare parole e pensieri a Liliana Segre. Il mio bisogno di espressione nasceva da una rivolta verso certi atteggiamenti ottusi e offensivi che, oltre ad essere privi di senso logico, risultavano ancora più assurdi se rivolti ad una donna abituata alla chiarezza, all’eleganza e al potere evocativo della memoria. Fino ad ora, però, ho sempre evitato qualsiasi commento perché sarebbe stato poco opportuno per questa sede e perché, a dirla tutta, la senatrice ha dimostrato, più di una volta, di sapersi difendere perfettamente da sola.

Ora, però, dopo il suo incredibile discorso rivolto al Parlamento Europeo, Liliana Segre mi ha offerto tutti gli elementi per ricostruire il suo ritratto di indomita disobbediente. La sua, però, è una disobbedienza particolare, composta da diverse facce e sfumature. Il resistere, in questo caso, può essere facilmente declinato in sopravvivenza, necessità di vita e memoria priva di vendetta.

Leggi anche: Jo March, una piccola donna disobbediente
Liliana Segre

Liliana Segre

Liliana Segre, una disobbediente attaccata alla vita

Dalla tragedia della deportazione, passando attraverso la fatica della ricostruzione personale, fino ad arrivare alla missione tutt’altro che semplice di custode di memoria. Liliana Segre ha seguito il suo destino di narratore riuscendo a percorrere infinite volte la dissonanza del male. Con la melodia tenue ma costante della sua voce. E per sostenere il peso di questo impegno civile è necessario poter contare sulla forza di un cuore capace di disobbedire all’assurdità di un Olocausto.

La voce di Liliana Segre

«Eravamo senza mutande, senza seno, senza mestruazioni. Così si umilia una donna». Le parole di Liliana Segre non ammettono fraintendimenti e non accettano certo l’oblio del tempo che passa. E non potrebbe essere altrimenti. Perché lei gli odori, le immagini e le voci della distruzione di massa li ha sentiti e li ha visti in prima persona.

Nonostante questo, però

nel cuore di una tredicenne il desiderio di sopravvivere riesce a prendere il sopravvento mostrando, con orgoglio la sua disobbedienza durante quella che viene ricordata come la marcia della morte. Così, una gamba dietro l’altra, gettandosi sulla neve per dissetarsi e su qualsiasi tipo di arbusto per mangiare, una ragazzina sola e denutrita è riuscita ad attraversare l’Europa con un solo obiettivo: vivere.

Focalizzando l’attenzione sulla vita e non cedendo alla seduzione della morte,

la Segre è riuscita ad andare contro la sua estinzione così ben architettata dal sistema nazista. Non è possibile, però, comprendere in modo razionale quanta fatica e determinazione abbia richiesto l’ostinazione del vivere. Liliana Segre, infatti, in quella lunga marcia ha innescato una lotta quotidiana, un faccia a faccia senza scampo con la morte. E, incredibilmente, è riuscita a vincere il confronto.

La fatica di ricordare

Al suo ritorno da Auschwitz, così come fece Primo Levi, Liliana Segre ha deciso di ridefinire, ri-tratteggiare, passo dopo passo, proprio come fece durante la sua marcia, l’essenza stessa del male, riuscendo a dare corpo, consistenza e materialità ad un evento che, per le nuove generazioni rischia di avere la stessa consistenza dei brutti sogni. Auschwitz, però, non è un incubo che si dissolve accendendo la luce di un comodino. Auschwitz esiste e per far comprendere l’essenza del lager e il significato della tragedia che si è consumata al suo interno, Liliana Segre ha, ancora una volta, deciso di disobbedire. Questa volta il suo no deciso è rivolto al silenzio, a chi la vorrebbe far tacere per eludere colpe e responsabilità, per illudere che il pericolo è ormai scampato.

Ma la senatrice Segre sa perfettamente che nulla è stato estirpato per sempre

e che il male non appartiene solo ad un volto, ma rappresenta un’idea, uno stato d’animo pronto a cavalcare momenti storici favorevoli. È così che, questa elegante signora novantenne con l’animo sofferente di una dodicenne mantiene ancora la guardia alta, consapevole di essere tra gli ultimi lottatori rimasti il cui compito essenziale, oggi, è di allenare nuove generazioni a combattere con testa e cuore perché nulla accada nuovamente.

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Tiziana Morganti
Tiziana Morganti
Sono Tiziana Morganti, giornalista e ufficio stampa. Per Smack mi occupo di cinema, cultura società e dei contenuti per la pagina Facebook. Amo la moda e lo stile. Sono cultrice dei Kennedy e di storia americana. Se Alberto Angela mi chiedesse di sposarmi non direi no.


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