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Cinema Newsroom

Un sacco bello, perché è ancora un capolavoro assoluto

Problematico. Il mio rapporto con Un sacco bello è sempre stato problematico. Perché è uno dei film di Carlo Verdone che in assoluto amo e cito di più. E vienimi pure a dire qualcosa, ecco. Sceneggiatura a orologeria, personaggi tridimensionali, nonostante la loro indole da macchietta, una storia toccante, la pesantezza della vita. E naturalmente Ladispoli, dorata prigione familiare con una madre castrante e grande consumatrice d’olio. In questo mio post, o parabola, proverò a raccontarti perché Un sacco bello sia una commedia epocale per il cinema italiano.

Leggi anche: Marisol, l’eroina crudele del Ferragosto
Un sacco bello i titoli di testa

L’entrata in scena di Enzo

Un sacco bello, love love love!

Parto dal presupposto che tu abbia già visto Un sacco bello, in caso contrario te lo racconto in poche righe. Siamo a Roma, alla vigilia di Ferragosto. Enzo, Ruggero e Leo non si conoscono né mai si conosceranno, se non in tre momenti fugaci, quando le loro vite si sfiorano per un secondo. Enzo sta organizzando il viaggio della vita a Cracovia, assieme all’amico Sergio. Ruggero, fuggito in una comune nella Val di Chiana, ritrova “per caso” l’odiato padre che in una sorta di Cura Ludovico familiare prova a farlo rinsavire (senza successo). Leo infine non conosce le donne, a parte madre, cugina e le radioline che aggiusta. Salvo poi innamorarsi perdutamente di Marisol. E tornare alla vita di sempre.

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L’amore di Sergio

Sergio Leone di cinema ne sapeva a pacchi e quando si è trovato davanti Carlo Verdone i suoi sensi di genio iniziarono subito a vibrare. Che fosse un attore talentuoso, lo avevano percepito tutti quelli che in televisione ne ammirarono la versatilità, la capacità di adattare corpo e voce a decine di personaggi esilaranti e l’indubbio occhio clinico nei confronti dell’umanità. Ma da questo a pensare che Verdone fosse già un grande regista ci sarebbe voluto un po’ più di tempo. Bisognava insomma metterlo alla prova sul set, nella gestione degli attori, nella scrittura di scene e di storie più articolate.

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Che spettacolo, insomma

Il pubblico però avrebbe dovuto riconoscerlo. E allora ecco l’intuizione clamorosa: un film costruito su sei personaggi, tutti interpretati da Carlo Verdone, che raccontasse l’evoluzione di una società in profondissima crisi. Gli anni ’80 erano quelli del colpo di coda del terrorismo (la bomba che ascoltiamo nel finale), della droga (la meravigliosa signora col cagnolino che dona a Fiorenza due gettoni con la speranza che non li usi per drogarsi), delle periferie angoscianti.

Un sacco bello è riuscito a raccontare tutto questo

Perché Carlo Verdone da autore intelligente ha preso questo materiale e impregnandolo di umorismo lo ha trasformato in qualcosa che il pubblico potesse capire, apprezzare, amare. Senza esserne spaventato. E con intelligenza è andato ancora più a fondo, nelle vite solitarie di chi cercava disperatamente attenzione o vera libertà.

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Un sacco bello è un film struggente che fa ridere tantissimo.  Ti strappa quel genere di risata che poi ti lascia addosso chili di malinconia. Come non emozionarsi davanti al mesto rientro nei ranghi di Leo, che dopo aver assaporato il gusto della trasgressione, di un amore travolgente, rimette tutto a posto incamminandosi verso la normalità. Mentre l’uomo alla finestra, spavaldo e inutile come sempre, lo guarda senza capirci granché.

E ora, titoli di coda

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Francesca Fiorentino
Francesca Fiorentino
Giornalista professionista e podcaster, scrivo, cucino e faccio ridere, non sempre in quest'ordine. Amo la radio, i film, le margherite, le magliette a righe, i regali inaspettati e i taccuini nuovi. Qui leggi il mio sito professionale


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