La cosa bella di un autore come Ken Loach è che la sua idea di cinema (e di società) è così limpida e pulita da non permettere ambiguità. La politica ci ha insegnato a dare un colpo al cerchio e uno alla botte? Bene, con Ken questo non è possibile. Posso dirti una cosa? Comincia il nuovo anno andando al cinema a vedere il nuovo film di Ken Loach, Sorry We Missed You. Fatti questo regalo. Provo a raccontarti perché iniziando da qui.
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La famiglia di Ricky e Abbie
Sorry We Missed You, grazie Ken
Ricky ha da poco perso il vecchio impiego e d’accordo con la moglie Abby decide di dare una svolta alla sua vita comprando un furgone per associarsi ad un franchising di consegne e diventare un corriere “freelance” alle “dipendenze” di una società. Quante virgolette, vero? Sì, perché Ricky “free” non lo è per niente e non è nemmeno alle “dipendenze”. Lavora con loro e non per loro, gli dice il suo capo. E questo vuol dire turni massacranti, limitazioni di ogni tipo, straordinari all’ordine del giorno. La vita? Per la famiglia di Ricky cambia tutto in poche settimane. Con un padre sempre fuori casa, Abby ha tutto il peso del ménage sulle spalle e anche per lei la questione lavoro non è un mazzo di fiori di campo profumati raccolti in un giorno di sole a primavera.
Abby infatti è una badante
E aggiungo, una delle migliori. Una donna che prova un’empatia autentica per le persone che assiste. C’è la malata di Alzheimer che si chiude nell’armadio perché ha paura che ci sia un estraneo dentro casa, un uomo ormai non più autosufficiente, il ragazzo paralizzato che odia la vita, un’ex sindacalista sulla sedia a rotelle che adora Abby e che non può fare a meno di lei.

Abby
Sorry We Missed You è il dramma di Ricky, è vero, ma più di tutto racconta come quel dramma si riflette nella vita quotidiana dei suoi cari. A partire dai figli, Liza e Seb, due adolescenti che vivono la crisi in maniera antitetica: con la tenerezza di una ragazzina preoccupata per i genitori la prima, con ribellione e rabbia il secondo.
In mezzo c’è Abby
una donna dolcissima (la voce dell’attrice Debbie Honeywood ne sottolinea il carattere mite, che ha paura delle sue esplosioni di rabbia giustificata) che prova a tenere tutti uniti e lo fa da remoto attraverso telefonate e messaggi vocali.
Che sa dire no quando le chiedono di lavorare nel giorno dedicato alla famiglia (e alla cena indiana), ma che nulla può fare davanti all’urgenza. E in questo mondo in cui pochi fanno tantissimo, l’urgenza arriva sempre. E sembra che ogni cosa dipenda da te, solo da te. Ne sai qualcosa, vero?
Forse il più grande danno fatto alle donne e agli uomini di oggi è l’impossibilità di fargli dire no. E il no è la cosa più umana del mondo perché stabilisce confini invalicabili: qui puoi arrivare, qui no: c’è la mia libertà, il mio mondo, i miei diritti.
Su questo punto Ken Loach è chiarissimo:
la colpa di questo è della classe politica e dirigente di una società che ha disintegrato il concetto di gruppo, creando tante piccole monadi in lotta tra loro. Mi rifiuto di fare un lavoro? Ci sono altre dieci persone che sono disposte a farlo al mio posto, prendendo di meno. Certo che è sbagliato, lo sanno, ma lo fanno. Non c’è più solidarietà. Se non in casi sporadici, come mostra il personaggio di Abby.
Il lavoro controlla le nostre vite?
Sì. Dovrebbe essere il contrario, invece. Abbiamo trovato un proposito importante per il 2020.
Guarda il trailer di Sorry We Missed You
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