Inutile negarlo. Ho visto tutti i film dedicati alla principessa Sissi e sì, potrei citarne interi passi a memoria. Va da sé che il viaggio a Vienna era per la bambina romantica che sono sempre stata un piccolo sogno da inseguire e realizzare quanto prima. Sissi ha smesso, fortunatamente, di essere il mio mito e ho guardato alla capitale austriaca come ad una città dalla vita culturale vivace, a misura d’uomo e piena di lati nascosti e sorprendenti. Così, guida alla mano, accompagnata dalla perfetta compagna di vacanza (te lo ripeto, trovati un’amica come Tiziana Morganti e inizia a girare per il mondo), ho approfittato per dirigermi a Nord.
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Il bacio di Gustav Klimt
Vienna, giorno 1
The feeling has gone only you and I
It means nothing to me
This means nothing to me
Oh, Vienna
Gli Asburgo, Sigmund Freud, Gustav Klimt, Egon Schiele, Ludwig Wittgenstein… Altro? Sì, c’è anche la Sacher. Ma ci arriverò con calma. Accolte da una temperatura estiva (28 gradi, sole a picco, ventilazione inapprezzata, almeno nella mattinata), io e Tiziana ci siamo avventurate di buon mattino verso il castello di Schönbrunn, residenza estiva di Francesco Giuseppe e consorte.
Davanti ad una fila d’attesa di 4 ore e 37 minuti
abbiamo deciso per un’onorevole ritirata e ci siamo dirette al centro di Vienna.
Per due romane disincantate come noi prendere metro funzionanti a ogni ora del giorno è una possibilità da non farsi scappare. Così, camminando di buona lena, apprezzando ogni singolo semaforo che celebra l’amore, e soprattutto schivando con forza tutti quelli travestiti da Mozart, siamo arrivate alla cattedrale di Santo Stefano.
Il commento ricorrente è stato «Ohhhhhhhhhh!»

Un dettaglio delle pietre sospese sulla navata centrale di Santo Stefano
La nostra tappa successiva è stata la visita guidata a Hofburg
complesso residenziale in cui gli Asburgo hanno vissuto e prosperato. Tenuto a bada il mio (in)appropriato spirito risorgimentale (ho addirittura pensato di gettare una carta per terra per vendicare i caduti nei moti del ’20 e 21), abbiamo visitato gli appartamenti di Sissi e apprezzato la quantità abnorme di stoviglie e ceramiche imperiali. Non potevo non farmi delle domande precise: perché da secoli le zuppiere e i bicchieri di Sissi sono rimaste intonse, mentre la maggior parte dei piatti che ho comprato da Ikea sono tutti sbeccati? Una riflessione dura la mia che tuttavia è stata prodromica a quello che sarebbe arrivato dopo.

Dettaglio di una statua all’entrata di Hofburg
Come si preserva la bellezza?
Rinchiudendola nel Castello del Belvedere, la nostra seconda tappa. Una di quelle che ho atteso con maggiore trepidazione. Dovevo assolutamente vedere Il bacio di Klimt. E per farlo avrei dovuto combattere con orde di giapponesi che si sono messi in posa davanti al quadro. Una l’ho anche fotografata e mi dispiace solo non averla conosciuta perché lo scatto glielo avrei mandato di cuore. Klimt: visto. Schiele: visto. Napoleone che valica il San Bernardo (con giapponese davanti): visto. Cosa fare per soddisfare la nostra voglia di buono dopo aver camminato in lungo e largo per 7.000 chilometri? Esatto! La Sacher!
«Con panna?» «Secondo lei?»

La Sacher di Demel
Mangiate le due fette di Sacher, abbiamo fatto finta di voler fare ancora quattro passi, in realtà avremmo solo voluto infilarci in una bettola di quart’ordine e farci glassare di crauti. Cosa che effettivamente abbiamo fatto. Con mia somma sorpresa, la suddetta bettola (in realtà un locale delizioso , il Reinthaler’s Beisl) aveva anche due opzioni vegetariane nel menù. Una delle quali consisteva in una frittura di funghi champignon interi, con salsa tartara. Presi, mangiati, digeriti nel giro di 12 minuti.
«E domani che facciamo?»
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