Quando ad una giovane donna che ha sempre seguito il Festival di Sanremo fin dalla più tenera età propongono di andare proprio lì per seguirlo dalla prima all’ultima serata le reazioni possono essere due: 1) Sì!!!!!!!! 2) Non credo di essere in grado ma sì!!!!!!
Ho scelto la 2 e alla fine sono stata felicissima di averlo fatto. Fui convocata nell’ufficio del mega editore galattico della mia agenzia che mi comunicò la lieta novella. “Quest’anno (il 2007 ndr) vai tu. Si lavorerà tanto e si dormirà poco, te la senti?“. Risposi di sì.
Qui ti racconto tutto nel dettaglio dettagliato

Foto di Israel palacio su Unsplash
Festival, i why e i because
Cos’ha significato per me fare l’inviata al Festival? Sicuramente una grande realizzazione dal punto di vista professionale. E in seconda battuta un premio per la mia abnegazione da spettatrice.
Oggi ti parlo però solo del primo aspetto, perché è giusto raccontarti quanto sia difficile lavorare per cinque giorni ad una manifestazione del genere. Per carità, la miniera è un’altra cosa, ma non facciamo classifiche. Per tre edizioni di fila, mi sono svegliata tutti i giorni poco prima delle 7 e sono andata a dormire alle 3.
La giornata al teatro Ariston iniziava prestissimo, con il commento sui dati d’ascolto.
E per chi, come me, doveva realizzare almeno sei servizi per il giornale radio, ogni dato, anche il più irrisorio, poteva essere un punto di partenza per un approfondimento.
Poi si dovevano preparare le interviste ai cantanti, fare il giro della città in taxi per raggiungerli nei loro alberghi, pregare il dio della musica che il press agent di turno avesse la gentilezza di confermare il tuo appuntamento (mica era scontato), pregare il dio dell’high tech che il registratore funzionasse (mica era scontato), pregare il dio del cibo che non mangiassero tutto il buffet in sala stampa (mica era scontato).
A questo aggiungi seguire le notizie dal mondo reale e anche la tua vita (non lo vuoi dire a familiari e amici che sei viva?) e via discorrendo.
C’è una cosa che però mi manca più di tutte di quei giorni:
la complicità, quasi familiare, che si creava coi colleghi. Credere che fossero tutti amici era ed è una beata illusione, ma di sicuro in quei cinque giorni si passava davvero tanto tempo assieme ed era bello poter collaborare. Altra cosa memorabile era la possibilità di vedere le prove dei cantanti nel pomeriggio. Una goduria infinita. Quasi sarebbe bastato solo quello per divertirsi.
Infine, Sanremo sono le sue canzoni, alcune delle quali mi hanno folgorata.
Io ci tornerei, guarda un po’.
Ascolta la mia playlist aggiornata dei brani preferiti del Festival
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