Sabrina Paravicini è conosciuta per la sua partecipazione alla fiction Rai, Un medico in famiglia, dove interpretava il ruolo dell’infermiera Jessica. Ma la sua carriera è decisamente più ricca e multiforme e passa anche dalla scrittura e dalla regia. Due forme d’arte che mettono in rilievo le sue doti di narratrice sensibile e intelligente. L’ultimo lavoro di Sabrina è con ogni probabilità il più importante della vita. Si intitola Be Kind, un viaggio gentile nel mondo della diversità e ha come protagonista il figlio Nino, tredicenne speciale a cui nella prima infanzia è stata diagnosticata una forma di autismo.
Il titolo racchiude già tutta la bellezza di un’opera che è soprattutto un regalo di Nino a tutti noi. La diversità non è un ghetto. È una condizione difficile, certo, ma può essere vissuta anche come ricchezza. A patto di essere gentili. Come Nino.
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Sabrina Paravicini e Be Kind
Cosa vuol dire davvero essere diversi? Il film prova a dare una risposta a questa domanda a partire dall’esperienza di un ragazzino dallo sguardo puro che si confronta su questo tema con tanti amici. Un argomento che potremmo racchiudere in un altro interrogativo, ovvero perché il mondo sia a volte così violento. Tra gli ospiti di Nino ci sono lo scrittore Roberto Saviano, l’attore Fortunato Cerlino e l’astronauta Samantha Cristoforetti.
Be Kind è stato proiettato in concorso in anteprima mondiale alla 64.a edizione del Taormina Film Fest e ha avuto una menzione speciale da parte della giuria. Proprio in questi giorni è stato proiettato in anteprima in diverse città italiane, in attesa della distribuzione a inizio 2019.
Sabrina Paravicini, io e Nino
Che Sabrina Paravicini sia una donna gentile l’ho capito, anzi sentito, durante l’intervista. Una chiacchierata di qualche minuto, funestata da incidenti tecnici di ogni genere, durante la quale si è aperta con spontaneità emozionante.
“Be Kind non nasce dall’esigenza di raccontare la vita di Nino, ma di trasmettere l’esperienza positiva che noi abbiamo avuto, il percorso che abbiamo fatto” racconta a Dueminutiescendo.
Se vuoi sentire tutta l’intervista, clicca qui.
Dueminutiescendo
Hai presente quando ti citofona qualcuno, dici “Due minuti e scendo!” e poi i minuti diventano sempre 485?
Mi sono chiesta cosa succeda in questa specie di comfort zone continuamente disattesa.
Io non sono una ritardataria, anzi, ma sono una pensatrice e credimi, ci sono delle volte in cui comincio a perdermi nelle mie riflessioni. Quindi a volte è capitato di dover andare ad un appuntamento e di fare tremila cose prima di uscire dalla porta.
Questi due minuti, che poi due minuti non sono, diventano il tempo di un racconto o di un’intervista sul mondo femminile (e non solo).
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