E se fossi come le worry dolls? Prendersi cura di un’altra persona è appagante per me. Non ti nascondo che in certi momenti della vita, proprio come succedeva alla dolce Amélie Poulain, questa cosa mi serviva per non pensare ai miei problemi. Scelta lecita, figuriamoci, ma in sostanza sbagliata. Visto che mi dimenticavo puntualmente di me stessa. Le cose sono un po’ cambiate. Non sono diventata cinica e fredda, ma ho imparato a diversificare. Ci riesco? Insomma. A volte sento fortissimo il desiderio di aiutare l’intera umanità, quando invece basterebbe essere più mirati per essere davvero affettivi.
Giusto per farti un esempio, una volta un uomo mi disse: “Tu vuoi rendere felici tutte le persone“. Non sono sicura che fosse un complimento. O meglio, era il riconoscimento di una mia caratteristica, quella folle tendenza all’armonia universale che da sempre è per me croce e delizia. Perché ti sto raccontando questo? Perché recentemente ho scoperto una bellissima leggenda dei Maya. Quella delle cosiddette bambole della preoccupazione, le worry dolls.
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Worry dolls, ci pensano loro
Vivono in piccole scatole di cartone, sono fatte di pezze multicolori e sono degli spiriti buoni che appunto si prendono cura degli esseri umani.
Basta tenerle sul comodino o sotto il cuscino per essere protetti. Se hai una preoccupazione, insomma, apri la scatola e diglielo. Racconta loro quello che ti spaventa. Di notte le bamboline prenderanno in mano la situazione con piglio e coraggio. E al mattino, al tuo risveglio, se le cose non saranno proprio risolte, almeno ti sentirai meglio di prima.
Quando mi è stata raccontata questa storia i miei occhi si sono cuorificati. Primo perché trovo questa fiaba piena di speranza. Secondo perché amo visceralmente l’idea che qualcuno (qualcosa in questo caso) possa prendersi cura con tanta dolcezza di un altro essere umano.
A pensarci bene lo facciamo tutti i giorni senza rendercene conto.
Lo fa una mamma col suo bambino, quando lo consola e lo abbraccia
Lo fanno gli innamorati quando si baciano senza motivazione.
Lo fai tu
quando ti ricordi che la tua amica è in subbuglio emotivo e allora vai a trovarla con birra e patatine (o col cioccolato, in versione dolce).
E lo faccio anche io, magari decidendo di scrivere qualche riga per parlare di sentimenti e per ricordarti quanto sia importante lasciare sempre aperto il cuore.
Sappiamo essere delle worry dolls anche noi e non deve affatto sorprenderti scoprire questa nostra caratteristica umana attraverso una favoletta. Perché le storie, e questa è la loro singolarità, parlano a tutti. Sono universali e stringono in un abbraccio immenso un bambino di quattro anni e un omone di 60.
Non smetterò mai di raccontarle e di amarle.
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