Dovremmo tutti ringraziare William Shakespeare per averci dato la possibilità di comprendere appieno le passioni e i dolori degli uomini. Nei drammi del bardo viene mostrata la complessità della natura umana in forma artistica sublime. Più di tutto però sorprende la modernità dei personaggi creati dal drammaturgo inglese. Eroi ed eroine che resistono ad ogni tipo di rilettura ed interpretazione. Come Amleto che nello spettacolo diretto da Sarah Biacchi, Hamletas, diventa donna. Anzi, donne, come tutte le protagoniste della pièce.
In scena fino al 28 ottobre all’Eliseo Off di Roma (Foyer II, balconata), lo spettacolo porta sul palcoscenico dieci attrici, Francesca Ciocchetti, Galatea Ranzi, Ludovica Modugno, Debora Zuin, Federica Sandrini, Elena Aimone, Serena Mattace Raso, Caterina Gramaglia, Tullia Daniele, Diletta Acquaviva. Ideale contrappasso all’antica usanza teatrale che vedeva i personaggi femminili interpretati da attori.
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Sarah Biacchi oltre che al Teatro Eliseo, sarà impegnata domani, 18 ottobre, all’interno della rassegna Shakespeare 2018 alla Cometa OFF, dove sarà Lady Macbeth in Lady Macbeth Show. Un altro gigantesco personaggio scespiriano.
Hamletas, dieci donne per un dilemma
Sarah, perché hai deciso di operare una così grande trasformazione sul testo di Shakespeare?
Per il grande amore e rispetto che nutro verso le grandi attrici, che spesso sono confinate dalle battute, dai testi. Ci sono tanti ruoli maschili e pochissimi femminili. Eppure, troviamo interpreti in grado di fare miracoli. Visto che fino al 1670 alle donne era vietato salire in palcoscenico, i primi ruoli femminili scespiriani erano interpretati da giovinetti, ho pensato che eravamo pronti a fare il contrario. A volte è stato fatto un Amleto donna, con tutti gli attori intorno, ma un intero cast con un totale rovesciamento di ruoli non è mai stato fatto.
È arrivato il momento di farlo e vedere se questa cosa funziona
L’Amleto interpretato da Sarah Bernhardt nel 1900 fu epocale. Si trattava di qualcosa di insolito reso possibile dalla grandezza dell’attrice. Nel tuo caso, c’è un’operazione più profonda.
Il punto non è che Amleto abbia un’anima femminile, ma che appunto sia un’anima circondata da altre. Nel momento in cui si riesce a restituire il personaggio con talento e completezza, dopo pochi minuti gli spettatori se lo scordano che sul palcoscenico ci sono solo donne.
La cosa più importante è essere credibili, a prescindere dal sesso
Come hai scelto il gruppo di attrici di Hamletas?
Come se fossi entrata in un negozio di grande lusso e avessi detto, mi piace questo… mi piace questo… Le ho viste e conosciute negli anni e assieme abbiamo fatto un laboratorio, imprescindibile per capire se potessero funzionare assieme.
La forza di Shakespeare non si esaurisce mai. Anche tu hai sentito questa energia preparando Hamletas?
È impossibile non fare regie su Shakespeare. Il mondo va avanti ma c’è sempre qualcosa di Shakespeare nel mondo che succederà. E questo è immenso. Un po’ come succede con la Divina Commedia che fa parte di quei testi universali, tali proprio perché resistono al tempo. Mi auguro che fra una cinquantina d’anni ci sia qualcuno che legga Amleto e che trovi qualcosa del suo momento.
Chi è il tuo Amleto?
È una figura cristica, che a differenza di altri personaggi scespiriani non lotta per una corona. Lo vedo come un golden boy americano degli anni ’50, destinato ad una presidenza, ma costantemente vittima dell’inadeguatezza della sua famiglia. Amleto non vuole far parte del nero, del male. Le uniche cosa che gli danno un senso sono questa chiamata dall’aldilà e la grande ironia che lo contraddistingue. Amleto sente il dolore, ha la pelle sottile. Le sue sono parole talmente universali che la cosa importante è solo il talento di restituirle.
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