Su certi argomenti non ho grandi certezze. O meglio, provo a non averne troppe. Ad esempio il destino. Io non so se esista la casualità o se invece la vita segua degli schemi preordinati da un’entità X, detta Fato. In generale appartengo alla scuola del “costruisci da sola la tua esistenza“. Eppure, certi incastri sembrano davvero organizzati ad arte. E trovo poetico anche questo. Questa è la storia di un piccolo racconto e della sua voglia incredibile di uscire fuori a farsi un giro dopo quasi vent’anni di riposo.
L’occasione arriva da un blog, La moka letteraria. Uno spazio pieno di parole belle e vitali creato e cresciuto da Laura Padoan, Chiara Barretta, Nicole Piccini, Susanna Amoroso, Vidya Bicciato, Giulia Buratto, Alessio Franzin, Alessandro Bonfante e Martina Simonelli.
Riesci ad annusare il profumo del primo caffè del mattino, quello che ti sveglia e ti rimette in piedi? Bene, perché è proprio a questo filo che il blog si aggancia per diffondere l’amore appassionato e sincero per i libri.
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Foto di rawpixel su Unsplash
Racconto, esci fuori!
Destino? Casualità? Non lo so, ma quando ho letto il messaggio di Laura che stava cercando dei racconti da pubblicare su La moka letteraria un campanellino ha cominciato a suonare. Mi sono girata verso la porta d’ingresso del mio appartamento, dove sono appese foto e testimonianze importanti della mia vita. E l’ho visto.
Un pezzo di carta spiegazzato, dall’improbabile formato allungato. Un reperto datato 1999 con 39 righe fitte fitte.
Una manciata di parole, la mia prima storia
C’erano una protagonista stanca, uno spazio (ristretto) e un tempo preciso. Una speranza disattesa e una invece rivelata, custodita nel cuore di un personaggio piccolo piccolo. Il primo che ho visualizzato sul foglio bianco.
Di quelle parole sono sempre stata orgogliosa
E oggi Merendelli, questo il titolo del racconto, finalmente se ne va a zonzo per il mondo. Perché questo sono gli occhi dei lettori. Un grande mondo da esplorare e conquistare.
Leggilo qui. E fammi sapere se anche tu hai conservato un racconto che desidera tornare alla vita. Fagli questo regalo. E fallo anche a noi.
Merendelli
Bianco. Ecco quello che Rosa riusciva a vedere tra i rami ancora poco sviluppati della pianta poggiata sul tavolo della cucina. L’alberello era così scarno e secco che la signora Bilotta si chiedeva come potesse reggersi dritto in un pugno di terra, dentro un po’ di plastica.
Suo marito aveva dovuto lottare contro un tizio di Messina per accaparrarselo. Le buone maniere non erano mai state il forte di Antonio, detto Totò. Tutto, proprio tutto, però si sarebbe dovuto fare per l’ultimo esemplare di merendello sulla faccia della Terra.Rosa si sedette sulla sedia di formica gialla per guardarlo meglio.
Aspettava solo che il caffè uscisse. Una polvere fine come la farina della polenta copriva il finto granito del tavolo. Poi guardò per aria. A lei quella cucina era sempre sembrata una tomba.
Era una pazzia sperare che l’albero potesse crescere lontano dal sole del loro paese. Ci sarebbero voluti anni, forse tre, per avere un responso sicuro che le avrebbe dato ragione.
Quando la moka prese a fare quel rumore di sassi calpestati da un’auto, Rosa si diresse verso di essa. Lo spazio era così risicato da compiere quel tragitto con un solo passo. Abbassò il fuoco e aprì il coperchio della caffettiera rimestando con dolcezza quel liquido dall’odore nero.Maledisse la fretta con cui tolse il cucchiaino.
Una goccia cadde sul fornello tirato a lucido dalla sera prima. Per seguirne la traiettoria, distolse gli occhi dal latte, che stava debordando. Cominciò ad agitare la mano per bloccare la schiuma. Dopo aver spostato il pentolino in una bacinella d’acqua fredda, Rosa scostò le tende malaticce dalla finestra. Il tempo era nuvoloso.
Continuava a pensare all’albero e ai suoi frutti. «Sì e no ce ne farà uno solo», disse ad alta voce. «Ce lo divideremo in quattro, mamma», rispose Lucia, la più piccola dei suoi figli.
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