Le vacanze in Calabria, gioia e tormento della giovane Francesca.
Ricordo ancora certe sensazioni della mia infanzia. Il disappunto e la noia che provavo quando un adulto si addormentava al sole e smetteva di giocare con me. Come una piccola despota cercavo di ottenere attenzioni continue e di avere per me, e solo per me, tutte le persone a cui volevo bene. Era racchiusa in quei sentimenti la mia estate.
E nell’odore del mare limpido in cui mi immergevo con papà. Con gli occhi chiusi sorridevo dalla felicità.
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Vacanze, la memoria luminosa
Camminavo a piccoli passi sulla spiaggia bollente senza farmi niente, con la pelle che diventava ogni giorno più dorata. Diversa da quella bianco latte che indosso oggi. Ricordo la figura pesante di mia madre che si allontanava per tornare a casa e preparare il pranzo. Raramente me ne restavo da sola al mare con cugini e fratellone.
Era più facile afferrare la mano di mamma e incamminarmi verso l’appartamento che avevamo affittato per tutta l’estate. Eppure, quando rimanevo in spiaggia, circondata da quei giovani adulti, respiravo libertà a pieni polmoni. Una gioia inspiegabile e pura. Un desiderio di essere grande subito.
La certezza di stare nel posto giusto, il più bello del mondo.
Amavo anche i giorni di tempesta, quando il cielo si arrabbiava e la pioggia sferzava gli ombrelloni. Mi mettevo sul balcone a disegnare e colorare su fogli profumati di nuovo, mentre sognavo di ricominciare la scuola. E la vacanza diventava più bella quando ritrovavo la forza di pensare al futuro.
Forse è per questo che allora, come oggi, non provavo tristezza né malinconia prima di ripartire.
Sogno continuamente quel mare cristallino e la sabbia calda che lo abbraccia. Sa di casa e luce, di musica e pizza fragrante. E c’è anche tanta paura nelle ombre di quella luce. Ombre che mi par di comprendere ogni giorno di più, familiari e riconoscibili.
Nere e argento.
Bellissime anche loro, ora che le chiamo per nome.
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