Ferie d’agosto lo vedo anche a dicembre, per dire. Tuttavia il film di Paolo Virzì è ontologicamente estivo. Non solo perché è ambientato a ridosso della notte di San Lorenzo, quando le stelle cadenti si portano via tutti i sogni mai realizzati, ma per l’atmosfera amara e indolente che lo avvolge. Qualcosa a metà tra la canicola e la disillusione.
Da che parte stai, da quella di Sandro Molino, punto di riferimento per gli intellettuali o di Ruggero Mazzalupi, padre di famiglia e titolare di un’armeria a San Giovanni? Ti avviso, nessuna delle due squadre è esente da imperfezioni.
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Ferie d’agosto e stelle cadenti
Sono cresciuta in una famiglia à la Mazzalupi. Una tribù enorme e chiassosa segnata da una vaga tendenza all’infelicità, ma illuminata da sprazzi di ostinato ottimismo (il mio). Ecco spiegato il mio amore per il personaggio di Sabrina, l’adolescente inquieta portatrice sana di coraggio, schiacciata dalla brutalità di un padre volgare (eppure affettivo nel momento più tragico).
Vorrei vorrei…
Era il 1996. Frequentavo il secondo anno di Lettere. Avevo chiara in testa la donna che sarei voluta diventare: forte, tenace, studiosa, brillante. Mangiavo libri a colazione, pranzo e cena. E a merenda vedevo film su film. Volevo capire, imparare tutto il possibile, sentirmi speciale in un mondo volgare. La politica era diventata una compagna di viaggio che seguivo con il candore e l’insolenza dei vent’anni. Sapevo chi fosse nel giusto e chi no. E stavo coi giusti. Dal mio punto di vista naturalmente.
Il primo governo Berlusconi era caduto. Sarebbe toccato a Romano Prodi guidare l’esecutivo, formato dopo le elezioni anticipate di aprile. E ad aprile arrivava al cinema anche il film di Paolo Virzì.
Trama tenue
Ventotene. È estate, tutto lo conferma. Per le strade del paese si muove la banda. La musica a fatica copre il bisticcio tra Sandro e Cecilia, una coppia che trascorre le vacanze in una grande casa bianca. Con loro un gruppo di amici. Ci sono Mauro, ex di Cecilia e padre della loro piccola Martina e Francesca, che si scopre essere un’ex di Sandro; le compagne Graziella e Betta e il figlio di quest’ultima, Ivan. E Roberto, quarantenne affascinante dalla non meglio specificata professione.
Sull’isoletta sbarcano anche i Mazzalupi. Ruggero, la moglie Luciana e i due figli, tra cui Sabrina. E la bellissima sorella di Luciana, Marisa, accompagnata dal marito Marcello e dal figlio. Commercianti ricchi (di debiti ma non solo), i Mazzalupi sono volgari e sopra le righe. Si nutrono di televisione commerciale e seguono una loro morale ferina: chi è più forte, vince. Ne fa le spese un giovane africano, Tewil, che viene ferito da Ruggero durante una delirante seduta di tiro.
Politica dei piccoli pazzi
Il confronto tra gli universi paralleli di Ferie d’agosto si gioca sul terreno politico, nel senso più ampio del termine. Da un lato c’è una sinistra disorientata dai suoi tormenti, dall’altro una nuova/vecchia destra autoindulgente, qualunquista e disarmante. Tanto più violenta quanto più cerca di apparire normale.
Le due visioni del mondo sono inconciliabili
e la commedia superba ne è testimonianza credibile. Tuttavia, quando questi opposti si sfiorano è quasi miracoloso. Sabrina Mazzalupi ha una gentilezza d’animo che la avvicina a Ivan, l’unico del suo gruppo a non guardare con disprezzo “gli altri”. E Marisa davanti alla faccia tosta del “dotto” Roberto sente il desiderio di essere migliore di quella che è. A partire da piccole cose. “Si dice pungere, no’ puncicare“, spiega al marito correggendo uno strafalcione dialettale.
Di Ferie d’agosto non amo solo la dimensione profetica
l’indubbio acume della storia, attuale come mai, ma i dettagli invisibili (la sceneggiatura è firmata dal bravissimo e mio idolo Francesco Bruni). Per me i capolavori si costruiscono sui particolari. Ogni volta che lo guardo mi perdo nelle mille storie dei personaggi. Quelle raccontate apertamente da Virzì e Bruni e quelle più nascoste.
Prendi Marisa e Marcello, ad esempio
i bravissimi Sabrina Ferilli e Piero Natoli, imprigionati in un matrimonio senza amore o peggio senza stima reciproca. La coppia rischia di esplodere ad ogni passo, complice un tradimento della donna al chiaro di luna. Eppure la separazione non arriva e forse non arriverà mai. Virzì lo mostra in una scena struggente e acre al tempo stesso. Dopo una lite furibonda (roba che se uno dei due muore ti penti tutta la vita di avergli urlato certe cose) Marisa dice al marito Marcello di coprirsi le spalle perché fa freddo.
Riesco ad immaginare le domeniche uggiose di Sandro e Cecilia
mentre mangiano il pollo della rosticceria davanti a 90° minuto. Lui (un Silvio Orlando strepitoso), razionale e metodico. Lei (Laura Morante), ansiosa e affamata d’amore. Felici di aver comprato i biglietti per lo spettacolo di Beppe Grillo.
E mi commuovo quando Sabrina, dopo aver baciato Ivan, lo invita a chiamarla
semmai fosse passato da Roma. Non so se ti rendi conto del coraggio di questa ragazzina sgraziata che si gioca tutte le sue carte in una semplice frase. Sa di perdere, anzi rischia di perdere davvero tutto. Ma alla fine si prende una piccola, grande rivincita.
Ci salveranno i ragazzi. Come sempre.
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