Il Salone internazionale del libro di Torino chiude i battenti proprio oggi. E tra le curiosità dell’edizione di quest’anno, c’è un filo rosso bellissimo. Sono le cinque domande che idealmente vengono proposte a tutti noi, visitatori del Salone o semplici appassionati, in occasione della rassegna. Cinque interrogativi che ci aiutano a capire qualcosa in più di noi stessi, a cui sarebbe bello rispondere ogni cinque anni.
Perché sono convinta che le nostre parole sarebbero sempre diverse, perché noi siamo diversi. Cambiamo e ci trasformiamo anche nella stessa giornata. Nasciamo ogni giorno insomma. Ringrazio di cuore la mia amica Roberta Vacca, psicologa, formatrice e organizzatrice di laboratori creativi, fondatrice di Cambio Prospettiva, per avermi suggerito questa sfida. Che accetto volentieri.
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Foto di Anete Lūsiņa su Unsplash
Cinque domande (e cinque risposte)
Chi voglio essere?
Voglio essere Francesca. Ora più che mai sento che è questa la risposta appropriata alla prima delle cinque domande. Ho passato troppo tempo nella vita a nascondere pensieri e sentimenti. Quasi avessi paura di disturbare troppo gli altri con le mie riflessioni. Non penso che sia una cosa che mi appartenga più, ormai. Te lo avevo già confidato nel post che ho linkato sopra. Desidero solo essere me stessa e poter dire ciò che provo senza il timore di essere giudicata.
Perché mi serve un nemico?
Non mi serve. E non perché io ami tutti indiscriminatamente, anzi. Amo solo le persone a cui voglio veramente bene. Per gli altri nutro una sana indifferenza. Con la speranza che possano trovare la loro strada, anche lontani da me. Non ho bisogno di qualcuno da odiare e attaccare per vivere. Ho sufficiente energia nel mio cuore e nella mia testa per prosperare su questa Terra.
A chi appartiene il mondo?
Appartiene ai bambini, a tutte le nuove generazioni. Lo credo veramente. Il bambino di adesso sarà l’adulto di domani. È a loro che penso quando faccio la raccolta differenziata, mentre tutti si divertono a gettare immondizia fuori dai cassonetti. O quando provo a spiegare perché non mi piaccia barare al gioco. Loro mi e ti vedono. E in quel momento ti sentono nel loro cuore. Dobbiamo essere tutti sufficientemente in gamba per non massacrarlo, questo mondo.
Dove mi portano spiritualità e scienza?
Nel posto in cui devo e voglio essere. Non credo in Dio, ma questo non vuol dire che per me la spiritualità non abbia valore. Il pensiero, la creatività, l’affettività, sono tutte realtà immateriali, diresti spirituali, e non hanno nulla a che spartire con la religione. Ma solo con l’umanità più vera. Quanto alla scienza, essa regola le attività naturali, dà spiegazione alla maggior parte delle cose e la rispetto totalmente. Per quello che non si può spiegare razionalmente, ci sono intuizione, sensibilità, intelligenza, affettività.
Cosa voglio dall’arte, libertà o rivoluzione?
La libertà. Oggi la libertà della propria identità umana è più rivoluzionaria di ogni rivoluzione. Non è quel sentimento che ti porta a spaccare le vetrine o a veicolare il brutto come risposta d’avanguardia ai canoni classici. Che me ne farei di questa libertà? È la possibilità di essere Francesca sempre. Perché oggi una Francesca c’è, eccome.
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