Primo maggio. Parliamo di lavoro? Sì, l’ho appena deciso quindi si parla di lavoro. E voglio parlarti della bella chiacchierata che faccio ogni giorno con un simpatico signore di Napoli. E che ogni giorno mi chiede la stessa cosa: “Sì, ma quanti soldi ci fai col blog?“. Hai voglia a spiegare che un blog non ti fa guadagnare subito, che si tratta di un progetto a lunghissima gestazione, che i soldi arriveranno solo se si lascia crescere pazientemente i semi piantati. E soprattutto, hai voglia a spiegare che il tuo blog è una realizzazione umana che va al di là del semplice guadagno. Perché ti permette di fare quello che hai sempre sognato. Il suo viso perplesso è più di una risposta.
Dal suo punto di vista di pensionato annoiato, vincitore di concorso presso noto ente negli anni ’70, in sintesi di uomo stra assunto e senza possibilità alcuna di essere schiodato dal suo posto extrafisso, mi fa amabilmente notare che è difficile tirare avanti alla mia maniera. E allora gli faccio amabilmente notare che la mia categoria è principalmente composta da precari. O meglio, da precari che esercitano le funzioni di un giornalista assunto. Solo che non sono assunti. Né lo saranno mai. Al limite si beccano pure querele e capocciate sul naso. “Siete proprio sfortunati“, mi fa. Ma va?
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Foto di Estée Janssens su Unsplash
Primo maggio, che lavoro fai?
Sai cosa vuol dire fare il giornalista? Vuol dire trovare notizie, o meglio sapere cosa sia una notizia e cosa no. Significa rendere comprensibile a tutti questa notizia. Non è facile, perché a volte si rischia di inserire il pilota automatico, mentre il lavoro su una news deve essere sempre certosino e molto preciso. Nella mia esperienza personale, il giornalista è solo quello che scrive. Se lavori in radio non sei giornalista, ma un deejay. A meno che non sei al GR1. Io quindi sono stata a lungo una deejay.
Dialogo vero
– Che lavoro fai?
– Faccio la giornalista.
– E per chi scrivi?
– Lavoro in radio. Cioè, scrivo sì, ma fondamentalmente leggo.
– Vai in onda al GR1 allora?
– No, lavoro in un’agenzia di stampa radiofonica.
– Stampa alla radio?
– Noi facciamo i giornali radio e poi le radio italiane che li comprano li trasmettono via satellite.
– Ah…
– Beh sì, è un po’ complicato.
– E quando ti ascoltiamo al GR1?
– Mai.
Primo maggio, per chi scrivi?
“Per chi scrivi?” è stata la domanda che mi hanno fatto per svariati anni. Le mie risposte erano standard e sempre demoralizzate, fino a quel meraviglioso momento in cui sono finita sul serio a scrivere. E di cinema!
Dopo anni di peripezie e privazioni, la fatina buona delle sceneggiatura si era ricordata di me e mi aveva permesso di realizzare finalmente un sogno: poter dire, scrivo! Bene, è sempre stato ugualmente complicato. Perché il giornalista vero scrive solo un giornale. Se scrivi su un sito non sei giornalista, ma uno che scrive su un sito. A meno che non sei Google e puoi fare tutto quello che ti pare. Io quindi sono stata a lungo una che scriveva su un sito.
Dialogo vero
– Sai, ora scrivo!
– Bello! Scrivi per un giornale?
– No, non scrivo per un giornale, scrivo per un sito.
– Ah, un sito… Quindi non ti trovo in edicola?
– No, mi dispiace.
– L’hai visto l’ultimo film di Tizio?
– Sì, l’ho anche recensito.
– E com’è?
Primo maggio, su coraggio
Scrivere su un sito non è nulla se le persone che conosci neanche si prendono la briga di venirti a leggere. “Com’è?” voleva dire “Fammi una sintesi tu perché non mi va di venirti a cercare“.
Ora la mia reazione interiore era più o meno questa.
“Chiederti di andare a cercare quello che ho scritto, visto che è accessibile a tutti, è troppo? È troppo pretendere un minimo di interesse da parte tua? Chiederti di muovere il fondoschiena, aprire lo smartphone da novecento euro, digitare l’indirizzo del SITO per cui lavoro, iniziare a navigare, cercare tra le recensioni e leggere il mio commento al film, è in qualche modo offensivo per te? Lo consideri una limitazione alla tua libertà personale? Vuoi che assieme alla recensione scriva una micro commento in 140 caratteri e te lo invii con sms? O preferisci che venga direttamente a casa tua al termine della proiezione e discutere con te del film prima di iniziarne a scrivere?“.
Nella realtà, mandavo il link della recensione. Che non veniva letta.
Primo maggio, scrivo per me
Ed eccoci arrivati ai nostri giorni, a questo blog e al signore che, come la maggior parte delle persone con cui ho parlato della mia professione, non riesce ancora a capire non tanto cosa faccio, ma perché lo faccio. Se è così difficile, se il guadagno non c’è, se non mi legge nessuno e rischio di perdere tempo. Se alla fine per pagare le bollette e fare la spesa mi serve fare altro, allora perché diavolo lo faccio? Per un motivo molto semplice: è parte di quella che sono. E mi piace ancora da morire. Il pane lo prendo da un’altra parte. Le rose da qui.
Ascolta il postcast
Ascolta “Primo maggio. Che lavoro fai?” su Spreaker.
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