Poche donne al mondo riescono ancora ad affascinare come Coco Chanel. Stilista rivoluzionaria, passionale e coraggiosa, Gabrielle Chanel è stata in realtà forgiata da un’infanzia dolorosa, vissuta in orfanotrofio con la sorella. Abbandonata da un padre che non poteva più occuparsi delle figlie dopo la morte della moglie, Gabrielle ha imparato a sue spese cosa volesse dire essere davvero sola. Da qui parte Sara Platania per raccontare il lato sconosciuto di un personaggio iconico. E nell’atto unico di Valeria Moretti, Io, Gabrielle – Chanel segreta, in scena al teatro Stanze segrete di Roma dal 2 al 6 maggio per la regia di Gianni De Feo, incarna una donna forte e allo stesso tempo vulnerabile.
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Sara Platania, la mia Chanel
Sara, cosa c’è di nuovo da raccontare su una figura di cui sappiamo tutto, o quasi?
Di nuovo c’è la sua infanzia, che poi è da dove siamo partiti. Quest’infanzia tormentata, vissuta in orfanotrofio, tra perfidie e gelo ha influenzato tutto il suo operato. Ma è stata anche la sua salvezza, il riscatto che l’ha portata a creare un impero. Oggi nessuno può dire di non conoscere Chanel. Era una donna forte, è vero, ma nel profondo ha conservato una fragilità.
La bellezza della sua storia però è che è riuscita in qualche modo a trasformare in arte il dolore
Sì, è stato il mordente che l’ha aiutata a creare il suo impero, è stato necessario per la sua storia. Tramite la sofferenza è riuscita a far germogliare questi fiori meravigliosi, che poi sono i vestiti, le borse i profumi…
Sara Platania, costruire Gabrielle
Su Chanel sono stati scritti tanti libri e hanno girato molti film e fiction. Come hai costruito la tua Chanel?
I film li avevo visti, ma in questo caso il mio è stato un approccio diverso. In questo spettacolo il taglio è originale. Io mi sono soffermata sulle atmosfere glaciali dell’orfanotrofio, molto suggestive, per raccontare la Chanel bambina.
C’è qualcosa che hai scoperto in corso d’opera su Chanel che ti ha emozionata?
Mi ripeto, ma sono rimasta colpita dalla sua fragilità che ha sempre mascherato con il temperamento forte da cavallerizza. Chanel sosteneva che il cavallo fosse stato l’unico compagno in grado di tenerle testa. Ecco, questo forte impeto, questa personalità, nascondeva una debolezza dovuta alla mancanza degli affetti, al vissuto freddo, fatto di colori bianchi e neri, di merletti, di cuffie immacolate. C’è un gelo che non conoscevo fino in fondo e che mi ha emozionata. Spero di riportarlo in scena.
Anche in questo caso Chanel ha utilizzato le divise delle orfane, e il bianco e nero, per creare il suo stile essenziale
Sì, c’è un passo dello spettacolo in cui Gabrielle dice: “Il taglio delle mie vesti monacali viene dritto dritto da un orfanotrofio. Dal mio orfanotrofio”. Quei colori li ha presi da lì, è indubbio.
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