Questa primavera mi sta portando a fare riflessioni che non credevo possibili. Da qualche post ormai mi sto interrogando sulla mia passione per la scrittura e per le storie. In particolare per le storie d’amore (perché alla fine, dai, di che altro vuoi parlare direbbe Brunori). Pare, e dico pare, che il desiderio di scrivere sia sempre stato un modo piuttosto buffo di parlare del mio cuore. Sono partita da Candy Candy e arrivata fino a Watts.
Citato nel cult movie La verità è che non gli piaci abbastanza, Un meraviglioso batticuore divenne il mio archetipo narrativo nel periodo delle medie. Rispetto a Cenerentola-Candy, il film di Howart Deutch (ma la mano è di John Hughes) introduceva un tema chiave della mia adolescenza: il rapporto amichevole e alla pari con i maschi.
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Watts, che batticuore!
Watts è una ragazza solitaria e un po’ maschiaccio, suona la batteria e (come ti sbagli) è innamorata del suo migliore amico, Keith Nelson, meccanico ed artista. Quando Keith prende la cotta per la bella della scuola, la ricca e smorfiosa Amanda Jones, Watts non tradisce alcuna emozione. Con slancio masochistico decide di aiutare il suo amico a conquistarla e una volta portato a termine il progetto, toh, in occasione del ballo della scuola, sceglie di proteggere l’amato Nelson dalla vendetta dell’ex fidanzato di Amanda.
Nella scena finale, Watts, ormai straziata dal dolore di aver perso l’amore della sua vita, si allontana dalla coppia, in lacrime. Sarà Amanda l’artefice del colpo di scena. Accortasi che il ragazzo prova qualcosa per l’amica, lo lascia andare. Eric Stoltz, qui a livelli massimi di kajal, bacia finalmente Mary Stuart Masterson e le fa la domanda meno intelligente della storia: “Perché non me lo hai mai detto?“. Forse perché sei idiota, ma questa è una mia teoria.
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Watts e Francesca
No, dico, ma senti la portata epica di questa storia? Percepisci la potenza del superamento della friendzone? Sì, io ero Watts. La bambina brillante e con la battuta sempre pronta si era trasformata in una ragazzina brillante, con la battuta sempre pronta, i jeans, le scarpe da ginnastica e il Corriere dello Sport a portata di mano.
Non mi nascondevo dietro a quella maschera. Mi mostravo per quella che volevo essere. Un’adolescente che poteva discutere di calcio con tutti i maschi del circondario con la stessa competenza di un giornalista sportivo. Quegli imperscrutabili individui detti ‘maschi’ erano troppo misteriosi per poter essere decifrati, tanto valeva farseli amici.
Il fatto che sbavassero dietro alla quarta di reggiseno della mia compagna di classe Barbara, che nel pomeriggio pomiciassero con Eleonora, splendida dodicenne che vestiva come Madonna, coi fiocchi in testa e le calze di pizzo nere, e che durante la gita a Capri parlassero della relazione tra eiaculazioni notturne e Samantha Fox non mi insospettiva più di tanto. Fu lì che iniziai a perdere tempo.
(to be continued)
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