È il riconoscimento più ambito in ambito giornalistico e letterario. Il Pulitzer, voluto nel 1917 dal giornalista ed editore Joseph Pulitzer, quest’anno è stato assegnato quest’anno al New York Times e al New Yorker. Il quotidiano ed il periodico si sono aggiudicati il premio nella categoria Public Service per gli articoli legati allo scandalo Weinstein. Una serie di approfondimenti ed interviste che hanno accompagnato la nascita del movimento #metoo e che hanno spinto migliaia di donne in tutto il mondo a denunciare le molestie sessuali subite.
Un filo rosso che si estende anche alla sezione Investigative Reporting dove ad essere premiata è stata l’inchiesta del Washington Post su Roy Moore. Accusato di molestie sue due donne minorenni, il repubblicano Moore è stato sconfitto nella corsa alla carica di senatore dal candidato del Partito Democratico. Nonostante l’Alabama sia uno stato profondamente conservatore.
Leggi anche: Time, una copertina per rompere il silenzio
Pulitzer, premiare chi cambia le cose
Sono tante le categorie che caratterizzano il Pulitzer. In ambito narrativo, ad esempio, è stato premiato Andrew Sean Greer per il romanzo Less (edito in Italia da La nave di Teseo). Mentre per la musica a vincere è stato il rapper Kendrick Lamar col suo disco DAMN. Ma è indubbio che questo riconoscimento così desiderato sia legato essenzialmente al giornalismo. In particolare a quello d’inchiesta.
Che si racconti la grande storia, ad esempio il Russiagate (premiati New York Times e Washington Post per la copertura della notizia) o la cronaca locale, come l’abuso di farmaci ed eroina in Ohio (premio al Cincinnati Enquirer), il Pulitzer è uno sprone per reporter e cronisti. Gli editori cercano solo gli utili, è vero. Ma se come sostiene la Kay Graham di The Post, è la qualità che porta profitto, allora anche il lettore ci guadagna.
Leggi anche: The Post, Spielberg dirige la coppia d’oro Streep-Hanks
Ad essere premiata è stata anche una freelance, Rachel Kaadzi Ghansah che sulle pagine di GQ ha raccontato la storia del ragazzo che nel 2015 uccise nove persone afroamericane a Charleston. Il ritratto di Dylann Roof è semplicemente magnifico e ti consiglio di leggerlo tutto d’un fiato. Lo stile semplice del testo mette in risalto ogni singola parola, ogni colore, ogni luogo. E riesci ad entrare davvero in quel mondo, facendo tua la storia. Dylann Storm Roof, chiamato così perché a sua madre piaceva un personaggio di General Hospital, ti appare meno misterioso nella sua pazzia criminale.
Se leggi questo pezzo apri gli occhi su un mondo. Che poi è quello che il giornalismo deve fare.
Non dimenticarti di seguire Smack! – Blogzine per donne croniche su Facebook. Metti mi piace alla nostra pagina! Iscriviti anche alla nostra Newsletter cliccando sul form in Homepage oppure qui.
Lascia un commento