Dimmi la verità, ma la verità vera. Cosa fai quando provi una delusione enorme? Quando pensavi fosse amore invece era un calesse… Oppure quando credevi di aver comprato il caffè e invece alle 7 del mattino ti accorgi che il barattolo è completamente vuoto. Cominci a imprecare contro gli dei o rivolgi gli insulti (pochi per carità) contro te stessa e soprattutto verso il tuo atavico (e sopravvalutato) ottimismo?
Ho bisogno di sapere la tua risposta perché sto cercando di raccogliere quanti più dati possibile per stabilire una procedura d’emergenza. Valida in tutti i momenti difficili della vita.
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Delusione, cambia marcia
Io per esempio entro in crisi. Così, di brutto. Perché per me la delusione è una ferita che rimargina con difficoltà. È inutile che faccia Wonder Woman, perché non è proprio il caso. Se una persona a cui voglio bene mi delude per X motivi, sto male. È un sentimento per cui pretendo rispetto.
Poi in un secondo momento arrivano le riflessioni più profonde.
- Ho sbagliato qualcosa io?
- La delusione era illusione mascherata?
- Quel dolore, quella ferita che non rimargina, è forse solo il frutto di un comportamento molto violento dell’altro?
Non c’è bisogno di arrivare alle padellate per parlare di violenza. A volte certi colpi vengono inferti in silenzio o tra mille sorrisi.
Ecco, prima di riprendermi passa un po’ di tempo.
Tempo che cerco di impiegare fruttuosamente a scrivere, per dare spazio a quei pensieri nella testa che devono per forza uscire. O sbucano fuori oppure producono radici e alberi. Alberi infiniti.
Delusione, di chi la colpa?
Dannata empatia. Sì, io penso che sia colpa di questo nobile sentimento se a volte non riesco proprio a farmene una ragione di certe delusioni. L’empatia è un’arma a doppio taglio. Va oltre la simpatia. Riesco a percepire i pensieri e le paure dell’altro. E quasi me ne faccio carico, come se volessi aiutarlo a portare per un po’ un peso che la vita gli ha appioppato.
E poi? Te lo dico subito. Se l’empatia impedisce di sentire nel profondo i tuoi veri sentimenti e di definire davvero chi sei è solo identificazione. E nemmeno ben riuscita.
L’empatia fa di te una persona forte e coraggiosa. Quel genere di persona che tutti vogliono al proprio fianco quando si sta male. Una specie di Nanà Supergirl. Che però non era umana, ma un robot.
Che fare?
Forse questo è uno di quei casi in cui una procedura d’emergenza non basta. Sì, puoi finirti un sacchetto di patatine e mangiare una teglia di pizza marinara, ma arriverà il momento in cui dovrai farti delle domande precise. Anzi guarda, me le faccio con te.
La prima, la più importante, è chiederti se in qualche modo hai chiuso gli occhi su una verità che conoscevi benissimo prima di imbarcarti nella tua avventura sfortunata. Ripercorri in solitudine le tappe della vicenda, nessuno ti giudica. Tutti facciamo errori e nemmeno il Presidente dell’universo può permettersi di muoverti accuse. Dillo ad alta voce!
La seconda domanda che mi faccio con te è perché, pur sapendo la verità, hai chiuso gli occhi. Sono tante le motivazioni per cui ci si illude che un rapporto di qualunque tipo funzioni a prescindere da tutto.
Rispondi sinceramente
E concediti un sacchetto piccolo di patatine, perché il coraggio va premiato sempre. Prometti solennemente, però, di impegnarti a sentire quella voce che ti dice la verità e se vorrai sbagliare lo stesso (succede, io sono campionessa olimpica di questa disciplina), impara dalla delusione. E prova a non ripetere il meccanismo. Ripetere è dannoso, comprendere uno sbaglio fatto e ripartire da quello è meravigliosamente umano.
Non bisognerebbe mai perdere l’umanità vera e bella
E scegliere con cura le persone a cui aprire il cuore. Meglio l’affettività che l’empatia, insomma. L’affettività è giusta distanza, dice chi sei davvero. E obbliga l’altro a un movimento verso di te. E se quel movimento non c’è, be’ in te non può esserci delusione. In me non può esserci delusione.
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