È l’unica serie italiana che verrà presentata al primo Cannesseries, il festival dedicato alle produzioni televisive che si terrà nella città francese dal 7 all’11 aprile prossimi. E non è il solo traguardo già raggiunto da Il cacciatore, visto che i primi due episodi trasmessi su Rai2, lo scorso 14 marzo, hanno fatto registrare ottimi ascolti. Diretta da Stefano Lodovichi e Davide Marengo, la serie è liberamente ispirata al romanzo del magistrato siciliano Alfonso Sabella, Il cacciatore di mafiosi. E racconta appunto alcuni dei momenti chiave della lotta alla mafia, subito dopo la morte di Falcone e Borsellino. Tra gli interpreti, Francesco Montanari, che veste i panni di un giovane e zelante magistrato, David Coco, che invece è Leoluca Bagarella e Roberta Caronia, interprete di Vincenzina Marchese, moglie del boss.
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Roberta Caronia, la Storia arrivi ai giovani
Roberta, dalla visione dei primi episodi de Il cacciatore si nota subito un passo diverso. La televisione permette davvero di sperimentare storie di grande respiro. Quanto è importante per un attore sapere di essere parte integrante di questo ingranaggio?
Per me è importantissimo. Non ho mai fatto troppa televisione, ho sempre fatto teatro. Per questo ti dico che prestare la mia parte di lavoro all’interno di un progetto molto alto a livello qualitativo mi ha resa orgogliosa. Sono orgogliosa soprattutto di aver lavorato con questi colleghi, tutti giusti per i rispettivi ruoli. Lodovichi e Marengo hanno fatto un grande lavoro di ricerca sui linguaggi e la produzione gliel’ha concesso. Non sempre succede. In questo senso sono stati tutti bravissimi. Del resto un lavoro del genere oggi è necessario. Perché la concorrenza è terribile. Netflix c’è non possiamo far finta che non esista.
Secondo te questa confezione nuova, più internazionale, passami il termine, è stata fatta per attirare un pubblico di giovani?
Sì, credo che l’intento sia anche questo. Ovviamente questo non significa che la serie non possa piacere anche a mio padre, a cui peraltro è piaciuta molto. Vuol dire che si va a stanare quelli che hanno un’accessibilità maggiore al web e a tutte le altre fonti di serie. Ed è bello perché noi raccontiamo la storia del nostro Paese. È importante che siano i proprio i giovani a vederlo.
Roberta Caronia e Vincenzina
Il personaggio che interpreti, Vincenzina Marchese, moglie di Leoluca Bagarella, ti fa rappresentare tutti i contrasti di quel mondo. Lei è dolce, gentile, ma accetta di stare al fianco di un uomo brutale e inumano. Come hai lavorato su questi opposti?
Ero certa che questo personaggio potesse suscitare curiosità. Diciamoci la verità. Per noi è strano vedere queste figure dal punto di vista umano. Ci rassicura pensarli disumani in tutto. La verità in realtà è molto più frastagliata. Questa donna ha avuto una vita segnata da vicende drammatiche. Sabella stesso racconta di questa sua vena malinconica, legata ad una maternità negata. Non dimentichiamo poi che Vincenza era sì la moglie amatissima di Bagarella, ma era invisa alla famiglia dei Corleonesi, perché suo fratello è stato il primo pentito. Lei non era in una posizione scomoda, di più.
Io l’ho ingentilita, ma in realtà già nella scrittura era così. Non ha ucciso, ma sapeva. Del resto lei è una che ha respirato mafia da bambina.
Roberta Caronia e la mafia
Roberta, per una donna siciliana che sfida è stata quella di interpretare Vincenza Marchese?
Sono palermitana, sono cresciuta nella cultura dell’antimafia. Ho avuto la fortuna di formarmi negli anni dopo le stragi, alle medie e al liceo, quando la mia città era cambiata. Eravamo cambiati tutti, tutti volevamo fare i magistrati quando eravamo ragazzini. Quindi per risponderti, non è stato facile. Posso dirti però che c’era una ragione per il suo agire. Una ragione tragica che non posso svelare perché si scoprirà nei prossimi episodi. Di sicuro, stiamo andando fuori dallo stereotipo della rappresentazione dei mafiosi. Ma questo non vuol dire giustificarli.
Romanzi criminali
La rappresentazione del mondo criminale è stata una delle grandi ispirazioni per le nuove serie italiane, penso a Romanzo Criminale e Gomorra e penso soprattutto a quante critiche sono arrivate per il fatto di trasformare in eroi dei fuorilegge. Che idea ti sei fatta al riguardo?
Il cacciatore è una serie. Questo vuol dire che nel racconto ci sono più chiaroscuri. Nessuno è buono o cattivo in senso assoluto. Tuttavia, nel nostro caso, al racconto dei criminali, con le loro storie personali, il contrappunto è il racconto potente di coloro che questi criminali li cacciavano. Al contrario di Gomorra dove il fuoco era principalmente sui criminali, qui il personaggio forte è quello di Francesco Montanari. Viene narrato tutto delle indagini di questi magistrati. Il pubblico non può avere dubbi sui personaggi dalla cui parte stare. Ci sono i buoni. E la loro è una storia di successi. Poi per come vengono resi i criminali, non nego che si possa empatizzare con loro. Ma non c’è ambiguità. Perché la storia viene raccontata da due punti di vista e non da uno. Non possono esserci dubbi su chi sia il male e chi il bene
Guarda il backstage di Il cacciatore
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