Lo sai bene, ormai è diventata quasi una consuetudine. Quando inizio a scrivere un post ho in mente una storia ben precisa. Poi, col passare del tempo e qualche illuminazione in più, la storia si arricchisce di dettagli e in parte si trasforma. Questo mi fa tornare alla mente il giorno della Befana di qualche anno fa. Avevo 12 anni ed ero presa da un’inquietudine che non saprei spiegarti con precisione.
A darmi una mano a trovare le parole giuste è stato un fotogramma di Kiki consegne a domicilio, secondo me uno dei film più belli di Hayao Miyazaki. La protagonista è una streghetta che nel giorno del tredicesimo compleanno lascia casa per completare il suo tirocinio. Raggiunge così una città vicino al mare e giorno dopo giorno, tra mille scoperte e delusioni, trova la sua identità e cresce. Kiki deve imparare di nuovo a volare sulla sua scopa per capire chi sia davvero. L’immagine mi piace molto di più di quella della tradizionale Befana che porta doni e caramelle ai bambini buoni e carbone a quelli cattivi. Qui il vero premio è scoprire se stessi.
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Befana, dolci e carbone poco importano
Andai con mamma a piazza Navona, per l’ultimo giro di festeggiamenti prima del ritorno a scuola. Non riuscivo proprio a stare bene. Ogni cosa mi attraeva e infastidiva allo stesso tempo. Altre volte avrei provato quella sensazione di volere tutto e niente, una specie di ferita che non voleva rimarginare. Avevo solo un unico desiderio, riuscire ad avere un regalo degno dell’occasione. Qualcosa che potesse cancellare tormenti e amarezze e che avrei potuto coccolare tutti i giorni della mia vita, nessuno escluso, da quel momento in avanti.
Nel giorno della Befana a piazza Navona non cadeva nemmeno uno spillo, tanta era la gente. E quel giorno ancor di più. Una ragazzina camminava a un metro da sua madre, alla ricerca della soluzione di un mistero indecifrabile.
Mamma mi proponeva ogni cosa, da ogni bancarella. Dalla collanina, alla marionetta. Mi fermai davanti a un banchetto di giocattoli e rimasi folgorata da un set di mobili di Barbie. Non perché li volessi, ma perché scoprii ad anni di distanza che effettivamente li avevano messi in commercio. Avevo sempre sognato di poter dare alla mia bambola un tinello funzionante e una grande vasca rosa ed erano lì, davanti a me.
C’era una volta una ragazzina
Se solo avessi trovato quei mobili lì sei anni prima, sarei stata la bambina più felice della terra. Invece no. Colpita dal mio interesse mamma comprò e mi regalò quei mobili. Li pagò anche a caro prezzo. Lì per lì fui felice ed emozionata per quella folata di magia, ma qualcosa non era perfettamente in sincrono.
C’era una parte di me che non sapeva cosa farsene di quella roba, ma non avevo voglia né coraggio di parlarne. Così li presi e ci giocai per un po’. Poi sempre meno. Fino a rimetterli nella scatola e a farli portare da papà nella cantina della casa di campagna. Destino peggiore di quello non poteva esserci per un oggetto.
Quello che non capii all’epoca era che per me non era più tempo di giocare. Volevo altro. Altre cose, altri interessi, altre idee. Se solo avessi trovato quei mobili lì sei anni prima, sarei stata la bambina più felice della terra. Invece no.
Ci ripenso sempre a quel giorno della Befana, che poi sarebbe diventato triste per altre circostanze. Per me non è una data come le altre, ma quella in cui sono diventata grande all’improvviso.
E stamattina la figura di Kiki a bordo della sua scopa, con il nastro rosso tra i capelli e il sorriso più dolce del mondo mi ha fatto capire quanto in realtà sia stata importante anche quella fase, quel turbamento.
Deve sentirsi così il fiore prima di sbocciare.
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